Ostia, chiude la Casa del Parto ‘Acqualuce’: “Leso diritto delle donne a partorire naturalmente”
La storia della Casa del Parto Acqualuce inizia l'8 marzo 2009, il giorno della Festa della Donna. Una data scelta non casualmente, ma un momento simbolico che indicasse la riappropriazione da parte della donna di uno degli eventi più intimi della propria vita. Il parto, appunto. Ma cosa c'è di diverso dagli ospedali e dalle cliniche? Che la Casa del Parto Acqualuce consente alle donne di partorire – se lo vogliono e se le condizioni di salute e della gravidanza lo permettono – in modo naturale. Dove naturale significa senza medicine, senza anestesia e senza induzione. Per questo al suo interno sono state costruite delle vasche per il parto in acqua, e gli ambienti sono stati dotati di liane di stoffa, palle, amache, altalene, tappeti. Insomma, tutto l'occorrente per consentire a una donna di stare a suo agio e procedere col parto naturale. La Casa del Parto Acqualuce è una bellissima costruzione in legno realizzata all'interno della pineta dell'ospedale Grassi di Ostia: l'obiettivo era farla diventare un punto di riferimento non solo per tutto il Lazio, ma anche del centro Italia. Questo non è purtroppo mai successo. E, nonostante l'inaugurazione avvenuta nel 2009, la Casa del Parto non è mai decollata come avrebbe dovuto.
Casa del Parto, ostetriche mai assunte per lavorare ad Acqualuce
"Il problema è che non sono mai state assunte le ostetriche che avrebbero dovuto lavorare alla Casa del Parto, quindi per diverso tempo l'attività è andata avanti solo grazie alla reperibilità delle ostetriche impiegate nel reparto maternità del Grassi – spiega Marta, del Comitato a difesa della Casa del Parto e dei servizi materno infantili – Queste lavoratrici hanno messo a disposizione il loro tempo libero e i loro straordinari per mandare avanti la struttura". Poco dopo, la Casa del Parto è stata chiusa per un periodo, al fine di realizzare un corridoio che la collegasse al reparto maternità del Grassi per questioni di sicurezza, in modo da avere sempre a disposizione una sala operatoria nel caso fosse stato necessario. Questo nonostante alla Casa del Parto fossero ammesse solo gravidanze non a rischio e che rispondessero a determinati criteri, proprio per evitare problemi. Insomma, sembrava che le premesse per far diventare "Acqualuce" una struttura all'avanguardia nella regione ci fossero tutte.
La chiusura della Casa del Parto e l'inizio della mobilitazione
"Acqualuce", purtroppo, ha funzionato solo per un paio d'anni, nei quali sono stati fatti meno di cento parti naturali. Non perché le donne non li richiedessero, ma perché è sempre mancato il personale medico. "La Regione non ha mai finanziato le assunzioni delle ostetriche, come invece avrebbe dovuto – continua Marta – La Casa del Parto non è mai stata chiusa ufficialmente anche grazie all'interessamento delle donne che animano il Comitato. Recentemente però, ci siamo accorti che stanno facendo dei lavori all'interno di Acqualuce, ma non sappiamo di che natura. Nessuno ci ha mai avvertito o detto nulla. Quello che abbiamo saputo da voci di corridoio, è che al suo interno sarà realizzato un centro di telemedicina del reparto di Cardiologia del Grassi. Tre giorni fa abbiamo inoltrato una richiesta d'incontro all'Asl Roma 3, ma per adesso non c'è stata ancora alcuna risposta. Noi intanto abbiamo già cominciato la nostra mobilitazione. Quello che ci preme sottolineare è che il parto in acqua non deve essere un lusso, non va considerata una cosa da radical chic, ma è un diritto. Ed è la stessa Organizzazione mondiale della sanità che lo dice. Ogni donna ha il diritto di ricevere una corretta informazione su tutte le modalità di parto e quindi poter scegliere liberamente".