Omicidio Vannini, la sentenza: 14 anni ad Antonio Ciontoli, 3 a figli e moglie
Quattordici anni di carcere ad Antonio Ciontoli per omicidio volontario con dolo eventuale, tre anni per la moglie e i figli per omicidio colposo. Si chiude così il processo di primo grado per la morte di Marco Vannini, ucciso a 20 anni con un colpo di pistola sparato, per sbaglio, da Antonio, il padre di Martina, la fidanzata del ragazzo. Tutta la famiglia Ciontoli era imputata e tutti, anche il capofamiglia, oggi erano assenti in aula. L’avvocato Miroli ha consegnato un certificato medico alla corte per giustificare l'assenza di Ciontoli. Per coprirsi a vicenda la famiglia, definita ‘un branco' dagli inquirenti, ha mentito più volte, la prima volta, la più grave, quando ha ritardato i soccorsi per Marco Vannini, agonizzante e ferito gravemente nella loro casa di Ladispoli, litorale romano. Se i soccorsi fossero stati puntuali, hanno dimostrato le perizie, il 20enne si sarebbe potuto salvare. Alla lettura della sentenza la madre di Marco ha gridato e anche dal pubblico molti hanno urlato ai giudici: "Vergogna, vergogna". Per Antonio Ciontoli i pm avevano chiesto una condanna a 21 anni e 14 anni per i familiari, accusati di concorso in omicidio.
Ciontoli è stato condannato per omicidio volontario con dolo eventuale e a 22 mesi di arresto per la detenzione della pistola con cui Vannini è stato ucciso. La moglie Maria, i figli Federico e Martina, la fidanzata di Marco, sono stati condannati a tre anni per omicidio colposo. E' stata assolta invece Viola, la fidanzata di Federico. Secondo il codice penale nell'omicidio con dolo eventuale "il risultato della condotta non è voluto in via diretta come conseguenza della propria azione od omissione ma viene preveduto come una delle sue possibili conseguenze".
Processo Ciontoli, le ultime arringhe degli avvocati
L'ultima arringa dell'avvocato Celestino Gnazi, legale della famiglia Vannini, punta il dito, ancora una volta, sulle presunte menzogne di Antonio Ciontoli e sulle ricostruzioni dei suoi difensori. “Si dice che questa ferita non avrebbe prodotto sangue, unico caso della medicina. Gli imputati hanno pulito accuratamente la scena del crimine per poi dire che Marco non avrebbe perso sangue. Ciontoli nel primo interrogatorio dice di aver provato a fermare il sangue con entrambe le mani, poi si rimangia tutto durante la deposizione in aula. Marco avrebbe perso un litro e mezzo di sangue secondo le analisi sul suo corpo. Altro che qualche goccia, è stata una mattanza”. L’avvocato ha mostrato al giudice due bottiglie d’acqua per mostrare la quantità di sangue perso da Marco. "Non si può dire che non c’era la percezione della gravità e non si può dire che tutti gli imputati non si fossero resi conto dell’evento in atto", conclude Gnazi.
Aggiunge l'avvocato Coppi, consulente dell'avvocato Gnazi: "Antonio era perfettamente consapevole della ferita d’arma da fuoco dal primo momento e quindi immediatamente dovevano scattare i soccorsi. Per questa ragione i periti sottolineano l’enormità del tempo trascorso dal momento dello sparo al trasferimento di Marco Vannini verso l'ospedale. Se l’intervento fosse stato tempestivo e Ciontoli si fosse comportato come avrebbe dovuto, il ragazzo si sarebbe salvato con elevata probabilità. Tutto nasce da un fatto sicuramente colposo ma il Ciontoli ha avuto purtroppo la capacità di renderlo doloso. Sono balle quelle che racconta ai familiari del colpo d’aria, sa benissimo di avere sparato. La sua preoccupazione è di vedere come andranno le cose, perché se riuscirà a venirne fuori, non ci saranno problemi sul lavoro e sulla sua immagine. Ha accettato tutti i rischi impliciti nella scelta di vedere come andavano le cose e di non intervenire in modo tempestivo. Ecco perché in questo passaggio si passa al dolo".
Risponde l'avvocato Miroli, difensore dei Ciontoli, che punta sull'omicidio colposo per Antonio e sull'assoluzione per gli altri componenti della famiglia: "Certamente non si può parlare di adesione all’evento per una persona che comunque ha chiamato i soccorsi. Ha detto quella sciocchezza del pettine (Ciontoli raccontò che Marco si era ferito con un pettine ndr.), ma comunque li ha chiamati. Non è adesione all’evento morte, perché lui confidava nella salvezza del povero Marco altrimenti non avrebbe chiamato il 118, quindi non può esserci dolo". Sulla ferita: "Il sangue non è uscito, ce lo dice il consulente tecnico del pm. L’Emorragia era a livello interno quindi la ferita non ha perso sangue, è un dato di fatto".