Omicidio Vannini, il pm ha depositato la richiesta di ricorso in appello contro la famiglia Ciontoli
Continua l’iter del processo per l’omicidio della morte di Marco Vannini ucciso a Ladispoli da un colpo d'arma da fuoco nella casa della sua fidanzata. Il pubblico ministero D'Amore ha depositato la richiesta di ricorso in appello contro la sentenza di primo grado per l'omicidio del 20enne di Cerveteri. Il pm si è appellato nella sentenza contro tutti, ad accezione di Antonio Ciontoli e ha chiesto di rivedere la posizione dei membri della famiglia. La condanna stabilita in primo grado è di 14 anni per Antonio Ciontoli per omicidio volontario con dolo, 3 anni alla moglie Maria Pezzillo, 3 anni al figlio Federico e 3 anni alla figlia Martina per omicidio colposo. Assolta la fidanzata del figlio, Viola Giorgini.
La sentenza di primo grado
La sentenza di primo grado risale al 18 aprile scorso: per Antonio Ciontoli i pm avevano chiesto una condanna a 21 anni e 14 anni per i familiari, accusati di concorso in omicidio. Tutta la famiglia Ciontoli era imputata ma nessuno era presente in aula. L’avvocato Miroli ha consegnato un certificato medico alla corte per giustificare l'assenza di Ciontoli. Per coprirsi a vicenda la famiglia, definita ‘un branco' dagli inquirenti, ha mentito più volte, la prima volta, la più grave, quando ha ritardato i soccorsi per Marco Vannini, agonizzante e ferito gravemente nella loro casa sul litorale romano. Se i soccorsi fossero stati puntuali, hanno dimostrato le perizie, il 20enne si sarebbe potuto salvare. Alla lettura della sentenza la madre di Marco ha gridato e anche dal pubblico molti hanno urlato ai giudici: "Vergogna, vergogna".
L'omicidio di Marco Vannini
I fatti risalgono al 17 maggio del 2015 quando il 118 arriva a casa Ciontoli. Qui trovano il ragazzo privo di sensi ma nessuno che gli sappia spiegare cosa sia accaduto né perché Marco stava male. I sanitari poi trovano un foro in un fianco ma ormai è troppo tardi: il proiettile esploso per errore da Antonio Ciontoli ormai sarà fatale per il giovane. Comincia così una catena di omissioni e coperture reciproche tra i membri della famiglia, che provano in tutti i modi prima a far sparire le prove di quel colpo di pistola, poi ritardano la richiesta di soccorsi e infine tentano di concordare una versione dei fatti che li salvi da ogni responsabilità.