Omicidio Vannini, i soccorritori di Marco: “Volevamo fare di più, i Ciontoli ci hanno ingannato”
"Avrei voluto fare tanto di più, se me lo avessero concesso, siamo stati ingannato" a parlare Ilaria, che insieme a Christian ha soccorso Marco Vannini la sera tra il 17 e il 18 maggio del 2015. In un'intervista esclusiva a Le Iene, i due soccorritori del 118 hanno raccontato i terribili momenti vissuti dentro casa Ciontoli, la notte dei tragici fatti che portarono alla morte del 20enne di Cerveteri, deceduto a seguito di un colpo d'arma da fuoco nella villetta dei genitori della fidanzata Martina a Ladispoli. L'ambulanza è arrivata dopo la seconda telefonata al numero d'emergenza, quando i Ciontoli si sono resi conto che le condizioni di Marco erano ormai gravi. Una ricostruzione dei fatti che, secondo le intercettazioni registrate nella caserma dei carabinieri, le dichiarazioni rilasciate da tutti i membri della famiglia in sede d'interrogatorio, le testimonianze raccolte dai vicini di casa e dal personale sanitario, risulta contraddittoria. Federico agli investigatori ha detto di essere sceso con la sua ragazza, Viola Giorgini, e di essere arrivato fino alla fine della strada, per farsi notare dall'ambulanza, ma i soccorritori hanno spiegato che non li hanno trovati lì. Christian ha detto: "Non erano in fondo alla strada ma fuori al cancello di casa ed erano in tre: Martina, Federico e Viola".
Ilaria ha raccontato il primo approccio: "Siamo scesi dall'ambulanza e ho chiesto a Martina cosa fosse successo. Lei mi ha risposto ‘non lo so, io non c'ero, sono appena arrivata'". Poco dopo ha incontrato Antonio Ciontoli e gli ha rivolto la stessa domanda: "Mi ha risposto ‘c'è un ragazzo che è stato colto da un attacco di panico e si è sentito male". Nessuno ha parlato ai soccorritori di un colpo d'arma da fuoco. Poi i due sanitari del 118 sono entrati in casa: "Marco era sdraiato a terra con la testa rivolta verso le scale e le gambe alzate. Era incosciente, non rispondeva, lo sollecitavo, l'ho chiamato più volte". Antonio Ciontoli avrebbe raccontato ai due infermieri la sua versione dell'accaduto, spiegando che mentre stavano in bagno e scherzavano sulla partita di calcio, Marco accidentalmente è scivolato e, dopo essersi ferito con un pettine a punta, è stato colto da un attacco di panico. Nessuno ha smentito Antonio nei 20 minuti in cui i soccorritori erano in casa, nessuno ha detto una parola.
Marco Vannini ucciso da una serie di omissioni
Antonio ha mostrato a Ilaria e Christian la ferita di Marco: "C'era un buchino piccolissimo, sfido chiunque a capire che si fosse trattato di un foro provocato da un proiettile: era pulito, asciutto, quasi cicatrizzato, come se fosse una bruciatura di sigaretta. Marco non era sporco di sangue". E ha aggiunto: "Mentre misuravamo i parametri di Marco, Antonio ci ha detto ‘se volete lo portiamo noi in ospedale', gli ho risposto no, ci avete chiamato, ci pensiamo noi e hanno insistito più di una volta, come se ci volessero liquidare". Poi l'allarme: "Abbiamo capito che c'era qualcosa che non andava, era troppo incongruente quello che presentava Marco, con ciò che ci veniva riferito da Ciontoli. Abbiamo capito che non si trattava di un attacco di panico e abbiamo trasformato il codice da verde a codice rosso". A provocare la morte di Marco, infatti, sarebbero state una serie di omissioni, che hanno fatto perdere tempo prezioso ai soccorritori: "Nell'emergenza esiste la famosa ‘golden hour', l'ora d'oro, nella quale se si raccolgono tutte le informazioni corrette si agisce tempestivamente, questo a noi è stato impedito". Solo al Pronto Soccorso Antonio Ciontoli ha parlato del colpo di pistola.