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Omicidio sul Tevere, Galioto in carcere: “Non c’entro nulla, stavo solo passeggiando”

Sono queste le parole dette da Massimo Galioto, il clochard di 45 anni arrestato per la morte di un senza fissa dimora sulla banchina del Tevere, al suo legale. Diversa la versione della polizia, che parla di flagranza di reato. A indicare Galioto come l’aggressore, numerosi testimoni che hanno assistito alla scena.
A cura di Natascia Grbic
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Massimo Galioto, il clochard di 45 anni accusato di aver ucciso un uomo ieri sulla banchina del Tevere, è stato portato in carcere a Regina Coeli. La vittima è un 37enne di origini rumene, un senza fissa dimora che come Galioto abitava sulla foce del fiume: è stato ucciso intorno alle 19, davanti a moltissime persone che hanno allertato immediatamente le forze dell'ordine. A quanto si apprende, il movente dell'omicidio sarebbe una lite per futili motivi, degenerata prima in aggressione e poi in assassinio. Per il 37enne non c'è stato niente da fare, è morto nonostante i soccorsi abbiano tentato di rianimarlo più volte. Sul posto la Polizia Locale e la Polizia di Stato, che hanno fermato Galioto mentre tentava di allontanarsi a piedi dal cadavere dell'uomo. Numerosi i testimoni che hanno assistito all'aggressione e che hanno indicato in Galioto, che passeggiava con il suo labrador, l'omicida.

"Per adesso le uniche cose che so sono quelle che ho letto sui giornali, è presto per una ricostruzione precisa dei fatti – ha dichiarato a Fanpage.it Michele Vincelli, il legale di Galioto – Massimo mi ha detto che stava passeggiando con il cane e non sa perché l'hanno fermato". Secondo la polizia, Galioto sarebbe stato arrestato in flagranza di reato, incastrato anche dalle testimonianze delle numerose persone presenti a quell'ora in strada e che avrebbero assistito alla scena.

Non è la prima volta che Massimo Galioto finisce in carcere con l'accusa di omicidio. A maggio 2016 era stato accusato perché ritenuto coinvolto nella morte dello studente americano Beau Solomon, un giovane di 19 anni trovato cadavere nel Tevere. Secondo l'accusa, fu Galioto a spingerlo in acqua al termine di una colluttazione. La versione, confermata anche dalla fidanzata di allora, è stata considerata inattendibile al processo: per il giudice le immagini contenute nei video erano poco chiare, e la ragazza non era credibile perché affetta da forte miopia e dipendente da psicofarmaci. Inoltre aveva cambiato idea diverse volte su come si erano svolti i fatti. Al termine di quel processo, Galioto fu assolto per ‘non aver commesso il fatto'.

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