Omicidio Marco Vannini, in aula parla Federico Ciontoli: “Non sono il mostro che è stato descritto”
"Sono qui per condividere con voi come io ho vissuto questa storia, nella speranza che questo possa aiutarvi nella considerazione di chi sono davvero". Nel corso della prima udienza del processo d'appello per la morte di Marco Vannini ha preso la parola Federico Ciontoli, il figlio di Antonio, condannato in primo grado a tre anni per omicidio colposo. Il padre è stato invece condannato a 14 anni per omicidio volontario. Il ragazzo ha letto un lungo testo in cui evidenzia in più passaggi il riferimento alle "condizioni reali" di quella "maledetta serata". Per Ciontoli "a posteriori è normale e forse semplice dire quello che avrei potuto fare". Ma nelle "condizioni reali" il figlio di Antonio non si rimprovera nulla dopo quella che definisce una lunga riflessione: "Quando seppi di essere stato indagato, fu per me un fulmine a ciel sereno. Davvero potevo agire in modo diverso? Iniziai a ricostruire le condizioni di quella maledetta sera, a rileggere le mie parole e per un lungo periodo ho visto crollare tutte le sicurezze che avevo. Non riuscivo a guardare le persone negli occhi e avevo paura anche ad esistere. Ora invece ho capito che quella figura non sono io, è qualcosa di totalmente costruito e distinto da me. Ciò che ha reso possibile il paragone con una figura così mostruosa è stata la mancata considerazione delle reali condizioni di quella sera, considerazione che è venuta meno sia nel fabbricare una colpa che nel proporre una pena", dice Ciontoli quasi in lacrime.
"Come se non fosse già assurda la rappresentazione che di me veniva data, i molteplici fatti inventati lo erano ancora di più. Come quando si è detto che io quella sera non facevo niente mentre Marco perdeva due litri di sangue, cosa falsata e ingannevole. Non avrei mai potuto sapere una cosa del genere e non fare niente. Non solo non ho fatto quello di cui il pm mi accusa, ma ho fatto tutto quello che era nelle mie possibilità date le condizioni reali di quella sera", racconta ancora il ragazzo. Ai giudici ha chiesto di rileggere le parole delle intercettazioni "indicate come prova della mia colpevolezza, perché rileggendo quelle intercettazioni ho realizzato la certezza che purtroppo quella sera non avrei potuto fare altro. Quelle stesse parole rendono chiara la mia trasparenza. Non voglio credere di essere condannato per qualcosa che a posteriori avrei dovuto fare senza considerare che, nelle condizioni reali, ho fatto tutto quello che ero in grado di fare. Il mio silenzio è stato strumentalizzato da tanti con l'intento di costruire una figura crudele, ma non è stato nascondermi dietro una colpa, è stato un silenzio doloroso ed emotivo che non cela nessun mistero".
Pg chiede condanna a 14 anni per i Ciontoli
La procura ha chiesto 14 anni di condanna per Antonio Ciontoli, la moglie Maria e i figli Martina e Federico (In primo grado fu condannato a 14 anni solo Antonio Ciontoli, mentre gli altri furono condannati a tre anni). "Questa vicenda rappresenta un unicum nel panorama giurisprudenziale in tema di qualificazione giuridica del fatto. Quanto accaduto in quella casa non poteva non allarmare quei familiari. Marco chiedeva aiuto e si vedeva spostato per essere lavato e rivestito? pensate un po' la sofferenza. Eppure Ciontoli dichiara prima che la vittima era scivolato, poi che si era ferito con un pettine; invece era stato sparato un colpo. Sono convinto del coinvolgimento di tutti i familiari in questo episodio. E' stata un'azione concertata. Questi soggetti hanno perso il lume della ragione, e nessuno ha detto che era stato esploso un colpo d'arma da fuoco. Forse Marco si poteva salvare. Hanno accettato il rischio per non fare emergere un fatto che al capofamiglia avrebbe potuto creare dei problemi. Si è trattato di una condotta illecita lontana da una condotta standard", ha detto in aula il procuratore generale Vincenzo Saveriano.
La morte di Marco Vannini
Marco Vannini è stato ucciso a venti anni nella villetta dei Ciontoli. Il ragazzo è stato ucciso con un colpo di pistola sparato da Antonio Ciontoli, il padre di Martina, la fidanzata di Marco. Il capofamiglia è stato condannato a quattordici anni in primo grado per omicidio volontario, mentre la moglie e i figli sono stati condannati a tre anni con l'accusa di omicidio colposo.