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Omicidio Emanuele Morganti, non si trova l’arma del delitto. Si cerca un altro picchiatore

Secondo l’autopsia ad uccidere Emanuele Morganti è stato un colpo violentissimo alla testa, sferrato probabilmente quando il ragazzo era già caduto a terra. Un colpo “non naturale” secondo i medici legali, cioè non un pugno o un calcio, ma assestato con un corpo contundente.
A cura di Enrico Tata
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Secondo l'autopsia ad uccidere Emanuele Morganti è stato un colpo violentissimo alla testa, sferrato probabilmente quando il ragazzo era già caduto a terra. Un colpo "non naturale" secondo i medici legali, cioè non un pugno o un calcio, ma assestato con un corpo contundente. Nelle testimonianze raccolte dai carabinieri si parla di due armi improprie utilizzate quella sera: uno è un manganello appartenente a uno dei buttafuori e l'altro è la chiave di ferro per automobili che impugnava Paolo Palmisani, ora in carcere insieme al fratello Mario Castagnacci. Nessuno dei testimoni ha però visto Paolo utilizzare l'arma. Il manganello, con sopra la scritta "Boia chi molla" è stato rinvenuto nell'automobile di uno dei buttafuori.

Secondo la prima ipotesi degli inquirenti la morte di Morganti sarebbe stata provocata dal pugno sferrato da Mario Castagnacci, che avrebbe fatto cadere Emanuele e sbattere violentemente su un'automobile in sosta. Un'ipotesi che non convince i medici legali. La ferita letale al cranio non è frontale, ma laterale e sembra essere la conseguenza di un colpo sferrato dall'alto verso il basso. “Assicuro io che i miei assistiti, Damiano Bruni e Michael Ciotoli non hanno partecipato ad alcuna rissa e soprattutto non hanno utilizzato alcun manganello. Non è il manganello con l’ormai famosa scritta Boia chi molla ad aver provocato lesioni alla vittima e i Ris lo appureranno”, è sicuro l’avvocato Vellucci, il legale dei due buttafuori indagati. Lo stesso buttafuori, in un'intervista, assicura: “Non sono mai uscito dal locale quella sera, ero lì per appena 40 euro e non era neppure responsabile della vigilanza, non sono io ad aver colpito quel ragazzo. Chi sa parli. Sono dentro una storia e accusato di fatti gravissimi senza aver fatto niente. Il manganello era nell’auto, mai usato, l’ho detto ai carabinieri, a cui l’ho consegnato subito mostrando loro che era pulito e integro. Vicino alla mia auto c’è anche una telecamera”. Per ora, quindi, l'arma che avrebbe provocato la morte di Emanuele Morganti è ancora sconosciuta e non è escluso che a sferrare il colpo letale sia stata una persona ancora non iscritta nel registro degli indagati.

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