Desirée Mariottini, pusher accusato di omicidio denuncia i genitori: “Hanno abbandonato la figlia”
Si è tenuto ieri l'incidente probatorio dei testimoni del caso di Desirée Mariottini, la ragazzina di 16 anni morta tragicamente in uno stabile abbandonato in via dei Lucani, nel quartiere di San Lorenzo. Durante quest'udienza preliminare, i testimoni chiave hanno dichiarato che gli imputati gli hanno impedito di chiamare i soccorsi per aiutare Desirée quando era palesemente andata in overdose e si stava sentendo male. I testimoni sono stati ascoltati in forma protetta e segreta durante quest'atto istruttorio irripetibile, perché ‘esposti a serissimi rischi di condizionamenti da parte degli odierni imputati'. Già in passato sarebbero stati minacciati e aggrediti perché avevano fatto delle rivelazioni su quanto accaduto nello stabile di via dei Lucani la notte tra il 18 e il 19 ottobre 2018.
Regione Lazio e Campidoglio parti civili al processo
Comune di Roma e Regione Lazio sono state ammesse come parti civili al processo insieme alle associazioni ‘Insieme con Marianna' e ‘Don’t worry – Noi possiamo Onlus'. Durante l'udienza preliminare, inoltre, l'avvocato di Yussef Salia ha depositato una denuncia contro i genitori di Desirée Mariottini ipotizzando il reato di abbandono di minore e omessa vigilanza. Secondo quanto asserito da Salia, infatti, se la 16enne quella sera fosse stata a casa non sarebbe morta e lui non sarebbe in carcere. Nel piazzale antistante a piazzale Clodio si è svolta intanto una manifestazione della famiglia e degli amici di Desirée.
Il brutale femminicidio di Desirée Mariottini in via dei Lucani
Alinno Chima, Mamadou Gara, Yussef Salia e Brian Minthe sono i quattro imputati principali per la morte di Desirée Mariottini. Tutti sono accusati di reati gravissimi: cessione di stupefacenti, violenza sessuale e omicidio volontario. Sarebbero stati loro, secondo l'accusa, a dare la droga alla sedicenne causandole un'overdose e a violentarla ripetutamente a turno mentre era incosciente. E sarebbero stati sempre loro a impedire alle persone presenti nello stabile di chiamare i soccorsi quando era chiaro che la giovane doveva essere immediatamente portata all'ospedale. "Meglio lei morta che noi in galera": questa sarebbe stata la frase pronunciata da Salia.