Militare violentato a 17 anni in caserma: “Dopo lo stupro, minacciato dal capitano”
L.D. aveva diciassette anni e il sogno di diventare ufficiale dell'esercito. Iscrittosi al corso Vto, Volontari Tecnici Operatori, si trovava nella caserma di Cecchignola, a Roma, quando una notte, di ritorno dal primo congedo, viene violentato dal branco e lasciato a terra, privo di coscienza, in una pozza di sangue. Sono passati oltre trentacinque anni, ma è solo da poco che L.D. è riuscito a rielaborare l'accaduto, a parlarne e infine a denunciare. Un atto di accusa che all'epoca il giovane militare non volle fare, per paura delle minacce ricevute dal capitano. La denuncia, sporta dopo tanto tempo, ha l'obiettivo prima di tutto di prevenire il ripetersi di simili reati, dato che, secondo la vittima, fatti di questo tipo possono ancora accadere.
Il militare allora diciassettenne era stato trasferito da Cassino, dove "non ho mai avuto problemi con i miei commilitoni", a Roma (Cecchignola), nella cui caserma "tre coetanei hanno iniziato a prendermi di mira, dandomi del gay. Io non ci badavo". Poi una notte di maggio, nel 1982, dopo essere tornato dal primo giorno di congedo, "sento scuotermi nella branda, mi hanno svegliato di brutto quei tre elementi che mi avevano preso di mira ed é iniziata una violenza: mi hanno fatto cadere nel corridoio e poi mi hanno portato nei locali della lavanderia. Lì ho sbattuto la testa contro i lavandini e ho perso conoscenza". Poi la minaccia del capitano: "se avessi parlato – spiega L.D. – e raccontato la vicenda, sarei stato congedato con demerito, sarei stato precluso dai concorsi pubblici e quindi per paura non ho mai detto niente". Dopo tanti anni, la necessità di elaborare quello shock porta L.D., ormai uomo adulto, a rivolgersi a uno psicoterapeuta. Così "ho elaborato questo trauma; ho deciso di parlare e denunciare".
L'apertura dell'istruttoria e le ipotesi di reato
A luglio del 2017 emergono i dettagli della vicenda. Il Procuratore Marco De Paolis apre l'istruttoria, con i carabinieri del nucleo di polizia giudiziaria della Procura militare individua i tre possibili violentatori e altrettanti ufficiali (capitano, tenente e maresciallo) che avrebbero insabbiato l'accaduto. I reati ipotizzati nel fascicolo sono lesioni aggravate, minacce e abuso di autorità. A fornire elementi fondamentali per l'apertura dell'inchiesta sono i dettagli che L.D. ricorda prima di perdere i sensi per le ferite al volto e al retto: uno dei tre, di origini pugliesi, reggeva in mano una scopa, che potrebbe essere stato l'oggetto con cui è stato eseguita la violenza.