Maurizio, massacrato di botte in metro. Il giudice: “Volevano ucciderlo”
Volevano ucciderlo, solo perché aveva chiesto loro di non fumare la sigaretta. Gli aggressori di Maurizio Di Francescantonio, il 37enne preso a calci e pugni sulla metropolitana di Roma, hanno agito in modo "univoco e idoneo" rispetto alla "causazione dell’evento morte". Queste le parole utilizzate dal gip Ezio Damizia nell'ordinanza che conferma il carcere per i due ragazzi, Luigi e Antonio. In altre parole, secondo il giudice, i due volevano uccidere Di Francescantonio e solo l'intervento di altri passeggeri ha salvato il 37enne. Un'ipotesi, scrive ancora il gip, confermata "in ragione del fatto che entrambi gli indagati picchiavano con furia la vittima, la colpivano ripetutamene con violenti calci alla testa mentre la persona offesa era a terra riversa, nonché in ragione del fatto che entrambi hanno perseverato in questa condotta continuando a sferrare calci, non riuscendovi solo grazie all’intervento dei presenti". Altrimenti, i ragazzi avrebbero continuato "a sferrare colpi alla vittima che versava in condizione di assoluta debolezza (si era già accasciata a terra esanime)". "Trauma cranico, emorragia cerebrale, frattura squama del temporale bilaterale a sinistra, compressione meningea e frattura sfenoide", è il referto dei medici del Policlinico Umberto I di Roma, che hanno visitato e poi operato d'urgenza Di Francescantonio.
Il gip: "Nessuna attenuante per gli aggressori"
Per i due ragazzi non c'è alcuna attenuante secondo i giudici. Il motivo che ha scatenato il litigio è "del tutto futile se non inesistente", mentre le loro versioni sono "vaghe, generiche e confuse". Tutti e due hanno confessato di essere sotto l'effetto di sostanze stupefacenti: hashish, cocaina ed ecstasy per uno dei due, eroina per l'altro. Per il gip sono "ricostruzioni parziali e non credibili che non intaccano minimamente la gravità indiziaria a loro carico".