Marco Vannini, le motivazioni della sentenza: “Da Ciontoli atto riprovevole, ma fu omicidio colposo”
Antonio Ciontoli si macchiò di "un atto estremamente riprovevole dal punto di vista etico", ma questo non cambia la natura dell'omicidio di Marco Vannini, che fu colposo e non doloso. Vale a dire, questa è la differenza tra omicidio colposo e doloso, che il condannato non aveva intenzione di uccidere il ragazzo. Queste le motivazioni depositate dai giudici della Corte d'Assise d'appello in merito alla sentenza sulla morte del 20enne avvenuta a causa di un colpo di pistola sparato per sbaglio da Ciontoli, il padre della fidanzatina Martina. "Il fatto di trovarsi alle prese con un imputato la cui condotta è particolarmente odiosa non può di per sé comportare che un fatto colposo diventi doloso". Ma, vista "la gravità della condotta tenuta dall'imputato, della tragicità dell'accaduto, all'assenza di significativi tratti di resipiscenza", i giudici hanno deciso per lui il massimo della pena per omicidio colposo e cioè cinque anni di reclusione.
Marco Vannini i giudici: "Condotta odiosa non cambia natura dell'omicidio"
Il 18 maggio 2015, quando Marco morì, "Antonio Ciontoli esplose colposamente un colpo di pistola che attinse Marco Vannini", scrivono i giudici nella motivazione della sentenza. I magistrati ammettono però che "Ciontoli ha consapevolmente e reiteratamente evitato l'attivazione di immediati soccorsi" per Marco al fine di "evitare conseguenze dannose in ambito lavorativo". Questo però non cambierebbe la natura dell'omicidio, che secondo la corte rimane colposo.
In primo grado, spiegano i giudici, è stato detto, per giustificare il dolo (in primo grado Ciontoli fu condannato a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale), che Ciontoli avrebbe avuto "un comportamento lucido nel mendacio, nel ritardo dei soccorsi, nel minimizzare anche davanti al pm, e, al contempo, lo grava di una condotta irrazionale e immotivata laddove sostiene che egli ha ‘omesso di prendere in considerazione' il più grave costo che la morte avrebbe comportato". Secondo la Corte d'Assise d'appello, se così fosse, fin dallo sparo "si dovrebbe ipotizzare il nesso consapevolezza-accettazione dell'evento morte. Le richieste di soccorso, ancorché condotte con modalità inaccettabili e mendaci, resterebbero prive di senso". Se ci fosse questo nesso, in altre parole, non avrebbe avuto senso chiamare i soccorsi (seppure in ritardo).
Diverso invece è il discorso per quanto riguarda i familiari di Ciontoli, i due figli e la moglie, condannati a tre anni di reclusione perché essi "difettavano della piena conoscenza delle circostanze. E proprio in considerazione della non provata consapevolezza circa la natura del colpo esploso, delle rassicurazioni di Antonio Ciontoli e delle caratteristiche della ferita, si deve ritenere non sufficientemente certo che essi si siano rappresentati con la lucidità e la nettezza del padre la possibilità dell'evento mortale".