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Omicidio Marco Vannini

Omicidio Vannini, generale Garofano: “Indignato per sentenza, sparo di Ciontoli non fu accidentale”

Omicidio Marco Vannini, pubblicate le motivazioni della sentenza nei confronti di Antonio Ciontoli. Secondo Luciano Garofano, ex comandante del Ris dei carabinieri di Parma e consulente della famiglia del ventenne, “quello sparo tutto è fuorché un evento accidentale e quindi colposo.
A cura di Enrico Tata
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Marco Vannini, il generale Luciano Garofano
Marco Vannini, il generale Luciano Garofano
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La sentenza nei confronti di Antonio Ciontoli, condannato a cinque anni di reclusione per l'omicidio colposo di Marco Vannini, si basa sulle dichiarazioni fornite dall'imputato nel corso degli interrogatori e ritenute credibili dai giudici: Ciontoli sparò un colpo di pistola per sbaglio e quel proiettile provocò la morte di Vannini. Ma secondo Luciano Garofano, ex comandante del Ris dei carabinieri di Parma e consulente della famiglia del ventenne, "quello sparo tutto è fuorché un evento accidentale e quindi colposo. Questo per una serie di motivi: intanto Ciontoli era un militare e quella pistola era sua, quindi si presume che la conoscesse bene. Ciontoli a un certo punto nell'interrogatorio dice ‘ho scarrellato e mi è partito il colpo, non mi ero reso conto che fosse carica'. Ma proprio attraverso la manovra dello scarrellamento si può capire se una pistola è carica oppure no. Con questa manovra sai pefettamente il colpo è in canna. Quel colpo non è potuto partire per sbaglio, per disattenzione. C'erano tutti gli elementi per sapere se fosse carica". E aggiunge: "Sono indignato per questa sentenza".

Il mistero dello sparo in bagno, mentre Marco Vannini faceva la doccia

Nelle motivazioni, depositate pochi giorni fa dai giudici della prima corte d'Assise d'appello di Roma, si legge che Ciontoli simulò "uno scherzo e ritenendo erroneamente che la pistola semiautomatica Beretta calibro 9-380 fosse priva di munizionamento e quindi scarica, "scarrellando" e premendo il grilletto in direzione di Vannini, aveva esploso un colpo di arma da fuoco attingendo il giovane". E ancora, queste le dichiarazioni rese dall'imputato nell'interrogatorio, Ciontoli nel corso della mattina del 15 maggio 2015, il giorno in cui Marco morì, prese le due pistole dalla cassaforte perché avrebbe dovuto partecipare a un'esercitazione di tiro. Poi ripose le armi nella scarpiera del bagno, provvisoriamente. Intorno alle 23 e 30 si ricordò di aver dimenticato le armi in bagno e decise di spostarle. Trovò Marco nella doccia, ma entrò lo stesso. Prese il marsupio con le armi. Marco gli chiese di fargliele vedere e di poterle prendere in mano, ma Ciontoli si rifiutò. Poi impugnò una delle pistole e gli disse: ‘Ti sparo'". La ricostruzione dell'imputato è ritenuta credibile dai giudici. "Ma come si può giustificare che un militare faccia vedere le armi mentre il fidanzato della figlia sta facendo la doccia?Perché ha preso le pistole? Chi gliel'ha chieste? Dove le teneva?", si chiede Garofano.

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