La sezione Nido del carcere di Rebibbia a Roma, dove oggi una mamma ha ucciso suo figlio
Oggi in Italia sono circa 60 i bambini costretti a vivere nei carceri italiani insieme alle loro mamme. Sedici, neonati e bimbi fino a tre anni di età, sono ospitati nella sezione Nido del carcere romano di Rebibbia e tra di loro c'erano anche i due bimbi che oggi una madre 30enne, in prigione per motivi di droga, ha ucciso o tentato di uccidere gettandoli dalla rampa delle scale. Uno è morto, l'altro è gravissimo.
Il Nido di Rebibbia è considerato un modello nazionale, c'è una ludoteca, una sala per incontri ed eventi, la ‘casetta Koine' dove si svolgono attività ricreative, sui muri ci sono disegni e fiori colorati. Ma è pur sempre un carcere, le sbarre alle finestre sono ben visibili e il rumore delle porte blindate quando si chiudono si sente eccome Il nido è ospitato nella “casetta delle suore” , la parte più antica dell'istituto penitenziario romano, che comprende anche l'infermeria e gli alloggi per le detenute in regime di semilibertà. Grazie agli sforzi degli operatori dell'associazione A Roma insieme, fondata da Leda Colombini, a cui il nido è dedicato, vengono organizzate attività per bimbi e mamme. "Mai più bambini in carcere", il motto di Colombini, partigiana, assessore agli enti locali e ai servizi sociali della Regione Lazio e poi deputata. Scriveva: "Non facciamoci anestetizzare perché l’alba della vita in un carcere non ha senso. I primi mille giorni della vita non possono esser privati di tutti gli stimoli: affettivi, cognitivi, relazionali, ambientali, sociali, sensoriali che formano la personalità e l’identità".
L'associazione cerca di portare avanti i suoi insegnamenti e "per far vivere anche ai bambini in carcere momenti di normalità e di gioia – si legge sul sito – nelle occasioni importanti dell’anno (compleanni, Natale, Befana, ecc…) l’Associazione organizza, feste, intrattenimenti, giochi e musica. Inoltre, consapevoli dell’importanza di stimolare la crescita intellettiva ed emozionale di questi bambini, e di sostenere il rapporto madre-figlio, l’Associazione già da sei anni propone la realizzazione di due laboratori, uno di arte terapia e l’altro di musicoterapia, condotti da operatori professionisti.
Secondo la legge una mamma può tenere il figlio con sé nelle sezioni nido
Le mamme che non hanno parenti a cui affidare i figli, possono tenerli con loro nelle sezioni Nido delle carceri, che sono 12 in tutto in Italia, fino al compimento del terzo anno di età. La legge 62 del 2011 ha istituito le case famiglia protette, che dovrebbero servire a fare vivere in bambini in condizioni quanto più possibili simili a quelle dei loro coetanei più fortunati. A Roma un anno fa, nonostante la legge sia vecchia di sette anni, è stata inaugurata la prima casa protetta intitolata a Leda Colombini. Dal 2006 sono stati creati anche gli Icam, istituti a custodia attenuata per detenute madri, che per ora esistono solo a Milano, Venezia, Torino, Avellino e a Cagliari. In questi istituti le mamme detenute possono tenere i loro figli fino al sesto anno di età. Ai microfoni di Fanpage.it Lillo Di Mauro, responsabile del progetto di detenzione alternativa per madri con bambini ‘La Casa di Leda', ribadisce che "le mamme e i bambini, per quanto ben trattati, non devono stare in carcere. abbiamo lottato per decenni per avere una legge per tirarli fuori dal carcere, sarebbe opportuno che questa legge venisse applicata fino in fondo". L'unica casa protetta in Italia resta ‘Casa di Leda' dove al momento sono ospitate sei donne e otto bimbi provenienti dalla sezione nido di Rebibbia. "Attualmente abbiamo ospiti solo 4 donne, quando avremmo potuto ospitarne 6, mentre nel carcere c'è il sovraffollamento di mamme con bambini. E questa è la contraddizione di una legge che non raggiunge gli obiettivi per i quali e' stata approvata", spiega Di Mauro.