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La madre di Sara: “Una ragazza libera, sorrideva sempre”. Poi un anno fa l’incubo eroina

Per Sara Bosco tutto comincia a cambiare un anno fa. Prima l’amicizia con un pusher di Termini che le offre l’eroina, poi l’abbandono della scuola e i tentativi di ricovero nelle case di recupero per tossicodipendenti.
A cura di Enrico Tata
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"La mia Sara era una ragazza libera, vivace certo, ma libera. E fino a un anno fa sorrideva sempre, amava la musica e andare a ballare con le amiche". Una vita normale, quella di Sara, nel racconto di Katia Bosco, la mamma della 16enne trovata morta nei reparti abbandonati dell'ospedale Forlanini di Roma. In un'intervista al Corriere della Sera ricorda la figlia: "Non è vero che era una sbandata, aveva una famiglia, un padre e un fratellino più piccolo", dice in lacrime. Lei stessa ha avuto un passato da tossicodipendente e in quei padiglioni abbandonati del Forlanini pare abbia vissuto con il suo compagno. Come Sara che là, in quei corridoi ridotti a giaciglio per sbandati e senzatetto, ha passato gli ultimi giorni della sua vita prima di morire per overdose da eroina. Gli inquirenti sono ancora al lavoro per capire chi è il pusher che le ha dato la dose letale.

Per Sara tutto comincia a cambiare un anno fa. Vive insieme alla madre a Santa Severa e frequenta l'istituto alberghiero a Civitavecchia. Un compagno di classe la introduce nel giro dei pusher della Stazione Termini di Roma. Là conosce un ragazzo afgano che le offre per la prima volta l'eroina. "Sembrava un tipo a posto, faceva il cuoco. Fra quei due e forse la scuola, non so, Sara ha cominciato a drogarsi", racconta la madre. A giugno viene bocciata, lascia gli studi e comincia a frequentare spesso la stazione Termini, ma anche il quartiere Ostiense, Pigneto e infine i sotterranei del Forlanini.

La notte del 14 gennaio di quest'anno Sara scappa di casa. La madre va a denunciare il fatto anche a Chi l'ha visto?. "Vorrei fare un appello a mia figlia, vorrei che tornasse a casa: non ce la faccio più, mi manca da morire e non vivo più senza di lei", è il suo appello in lacrime. A fine gennaio la ritrovano al Pigneto, in un garage, insieme a quello che dice essere il suo fidanzato. Katia la trascina con sé e le dice che il tribunale ha deciso di affidarla ai servizi sociali. Alla stazione Termini, prima di prendere il treno verso casa con la madre, Sara trova una scusa per andare in bagno e scappa di nuovo. La ritrovano a metà marzo e viene accompagnata in un centro d'accoglienza, "Il Monello" di Monte San Giovanni Campano. Ci resta solo due giorni, poi annoda le lenzuola e prova a calarsi dalla finestra. Cade, ha diverse fratture e un trauma facciale, viene portata in codice rosso al Gemelli. "È rimasta tre mesi al Gemelli per riprendersi dalle fratture. È tornata a casa, era pulita e io ero contenta, ma è scappata ancora per drogarsi. E allora è finita nel centro per minori vicino a Perugia. Ma non ci voleva più stare", dice Katia. Due giorni fa il tragico epilogo.

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