La madre di Sara Bosco: “Ha ricominciato a drogarsi in comunità, io la controllavo”
Quando Katia Neri, la madre di Sara Bosco, risponde al telefono, ancora non sa che il capo d’imputazione relativo alla morte di sua figlia è diventato “omicidio volontario”. Nel registro degli indagati compare il nome del presunto pusher che le avrebbe venuto la dose letale. “Non lo sapevo, che schifo, maledetto!”. Katia non ha voglia di parlare, ma le difficoltà di Sara, la dipendenza dalla droga, non le nasconde. La donna è convinta che la figlia avesse ricominciato a drogarsi nella comunità dove risiedeva a Perugia, e dalla quale era scappata pochi giorni prima di morire. A trovarla senza in fin di vita in un corridoio dei padiglioni abbandonati dell'ospedale Forlanini, è stata proprio lei.
"Lo so per sentito dire", spiega, senza aggiungere dettagli su chi l'abbia informata. "Da Perugia mi telefonava più volte a settimana, ma lo sa, le telefonate sono comunque registrate. Non mi poteva dire tutto quello che succedeva, mi doveva dire quello che faceva comodo agli operatori”. Secondo quanto riportato da Katia i loro colloqui erano registrati: "C'è un operatore vicino, tu parli in viva voce ed è normale che devi dire che stai bene, anche se non è così. Se stava bene non sarebbe scappata. Se stava così bene, nella meraviglia, non scappava”.
La 16enne si era data alla fuga già altre volte ed era stata sempre Katia a ritrovarla, come racconta lei stessa: “Io per un anno ho riacchiappato mia figlia, io lo sapevo dove riprenderla. Se voi andate a guardare i verbali, ci stanno dieci verbali, in dieci volte non l'ha ripresa mai la Polizia, l'ha ripresa la madre. Perché ormai avevo capito dove stava, dove trovarla. Pure quando sono andata da Chi l'ha visto, chi l'ha ritrovata? L'ho ritrovata io, non è riuscita a trovarla la Polizia per un mese e mezzo. Io l'ho ritrovata mia figlia”.
Il Forlanini era uno dei posti dove Sara si rifugiava, la madre ci è andata solo nella speranza di trovarla, nega di averci vissuto anche lei come emerso inizialmente: “Io abito a casa mia, io ho un altro figlio, c'ho un marito. Io andavo a Roma quando scappava Sara e andavo a cercarla, visto che loro non riuscivano mai a ritrovarla, la ritrovavo io e poi facevano il verbale, me la ridavano e tornava a casa”.
"Sara voleva tornare a casa non stare in comunità"
Secondo il racconto della donna, sua figlia voleva stare a casa con la sua famiglia e prima dell’ultimo trasferimento in comunità le cose stavano migliorando: “Da quando Sara è tornata a casa dopo l'ospedale, dove era stata dopo la caduta dal terzo piano nel tentativo di scappare dalla comunità di Frosinone, io l'ho portata un mese al Sert e Sara è sempre risultata pulita dall'eroina. Perché io la tenevo sotto controllo, poi l'hanno riportata via ed è successo quello che è successo. Non so perché l'assistente sociale ha stabilito che le serviva una comunità per farla riprendere, anche se c'aveva tutte le carte per dire che Sara ormai era pulita stando con me, perché la tenevo sotto controllo”.
Katia è quasi certa che Sara abbia ripreso a drogarsi a Perugia, “diceva che la droga passava pure là, ora però non voglio più parlare stanno facendo le indagini e io spero solo che trovino chi è stato”. Vuole risposte, ma anche raccontare di sua figlia sedicenne, che prima di incontrare l’eroina era una ragazza come tante, “voleva solo fare la cuoca come me”.