La lezione più importante della prof: “Il latino non è una lingua morta perché insegna l’amore”

Quante volte abbiamo sentito dire che il latino è una lingua morta? E quante volte tra i banchi di scuola avete pensato che non servisse a nulla? Tante, scommettiamo. E invece Laura La Torre, professoressa siciliana residente a Roma, ha mostrato con un semplice post su Facebook che il latino è tutto tranne che defunto. Il motivo? Quando una lingua ci parla d'amore è ancora viva. E così fa il latino, che ancora oggi incanta con le sue parole che, dietro quella che può sembrare solo un'ostica declinazione, nasconde un mondo fatto di termini collegati e con significati molto più profondi di quello che riusciamo a immaginare. Il post della professoressa ha un titolo molto semplice: lezione di latino. E descrive l'interrogazione di uno studente, anche lui convinto che studiare il latino non serva a molto dato che molte declinazioni si trovano sul dizionario.
Per spiegare l'importanza del latino, la professoressa ha fatto ai suoi alunni una semplice domanda: "Conoscete i paradigmi di “aspicio” e “respicio”?". La risposta è stata negativa. "Peccato, perché sono utilissimi. Questi due verbi si assomigliano perché vengono entrambi dal verbo “specio”, che significa guardare. Da cui anche “speculum”, specchio, un vetro dentro cui ci si guarda o dal quale ci guardiamo (ma non necessariamente ci vediamo, aggiungerei io). Da “aspicio”, come ci dice il paradigma, viene “aspectum”, cioè: che è stato visto. Pensate un po': una cosa importante come l'aspetto è il riflesso di un'azione, il guardare. Senza sguardo non c'è aspetto o apparenza, perché se non siamo guardati la nostra forma esteriore non ha importanza. Quindi il nostro aspetto dipende dallo sguardo degli altri: non ci cureremmo della forma se gli altri non ci guardassero. Agire sul proprio aspetto significa controllare lo sguardo altrui, dire: ecco, tu vedi questo, perché lo voglio io".
Ma la lezione continua e arriva poi a parlare dell'importanza dell'amore, del latino come lingua veicolo di sentimenti. Ancora in grado di emozionare e per questo di vivere. Anche se l'amore non può vincere su tutto. "Virgilio dice “Omnia vincit amor et nos cedamus amori”, ma se cediamo all'amore è a nostro rischio e pericolo, bisogna ricordarlo sempre ed essere quindi pronti ad accettare la sfida. Orfeo perde Euridice perché si volta a guardarla prima di essere fuori dall'Ade; e si volta a guardarla perché l'ama tanto da essere sceso nel Regno dei Morti per riprendersela. La sua è una storia atroce, come tutte le grandi storie: l'avrebbe potuta salvare solo se non l'avesse amata tanto. Uno meno innamorato avrebbe resistito alla tentazione di assicurarsi della sua presenza, avrebbe saputo vincere la paura di perderla. Il che ci insegna, ahimè, che l'amore non sempre ci salva". Belle parole che dice proprio il latino, "che non è una lingua morta perché nessuno la parla più, come credete voi. Quando una lingua ci parla, e ci parla d'amore, vuol dire che è ancora viva."