Il Moai di Vitorchiano: l’unica al mondo fuori dall’Isola di Pasqua
Nel Lazio c'è un moai, si trova a Vitorchiano ed è l'unico nel Mondo al di fuori dell'Isola di Pasqua. La statua è una fedele riproduzione dei caratteristici giganti cileni che affascinano turisti provenienti da ogni parte del globo, disposti ad ore ed ore di aereo pur di vederli. Il monolite, che svetta sulla via Teverina, nel Viterbese, è alto sei metri ed è interamente realizzato in peperino. La sua creazione risale a trent'anni fa: era il 1990 quando undici maori della famiglia Atan, originaria di Rapa Nui, arrivati in Italia per promuovere il restauro delle loro statue, hanno scelto di forgiarne una proprio nel cuore dell'Alto Lazio. Ad ispirarli le caratteristiche della pietra locale, corrispondenti alla pietra vulcanica con cui sono realizzati i moai originali. Inizialmente la statua si trovava al centro del piazzale Umberto, poi ricollocata nel 2008, al rientro da una mostra in Sardegna sulla cultura cilena.
Il Moai di Vitorchiano
Il moai di Vitorchiano riproduce fedelmente i famosi monoliti antropomorfi e per crearlo gli artefici hanno utilizzato le stesse tecniche di realizzazione, servendosi di asce e pietre. Il volto, allungato, ha tratti duri, semplici e lineari, con il dettaglio delle ‘Orecchie lunghe', mentre il busto è appena scolpito. Sul capo il moai porta il Pukapo, copricapo composto da due blocchi di peperino. L'ombelico, marcatamente sottolineato, indica un ‘centro' simbolico nell'essere; le mani con le dita lunghissime ed affusolate, aderiscono al ventre. I pollici lunghi e affusolati sono leggermente rivolti verso l'alto.
Cos'è un moai?
Il termine “moai” indicava la casta di razza bianca che abitava l'Isola di Pasqua che realizzò tutte le statue in tufo presenti sull'isola, e si narra che possedesse il segreto della pietra per realizzarle. Le origini e la storia dei monoliti è avvolta nel mistero. Secondo un team di scienziati americani le colossali statue sarebbero servite a guidare gli abitanti verso le fonti di acqua potabile, una risorsa preziosissima in un luogo che ne era quasi completamente privo. Ma non è l'unica l'ipotesi: altre li identificherebbero come raffigurazione di personaggi di spicco della comunità o simboli di buon auspicio, fertilità e prosperità.