Il mistero della gamba mozzata, gli ultimi giorni dell’ultrà Di Ponto
Chi ha incontrato Gabriele di Ponto prima della sua morte? Quali sono stati gli ultimi spostamenti e gli ultimi contatti del pregiudicato ultrà della Lazio i cui resti sono stati trovati nell'Aniene? Sono queste le domande cui la Procura sta cercando di dare risposta per ricostruire le circostanze della morte, finora presunta ma data quasi per certa dagli inquirenti, del giovane tifoso con precedenti per rapina. Sarebbe dieci in tutto i giorni intercorsi tra la denuncia della scomparsa del 36enne residente a la Rustica e il ritrovamento dell'arto reciso lo scorso 12 agosto. La pista più accreditata, sino ad ora, sembra sia quella di un affare andato male. Il 36enne sarebbe finito in un giro di droga e malavita che lo avrebbe condotto dal suo aggressore. Tuttavia restano ancora tanti i punti oscuri della storia di Di Ponto, ultrà claudicante con precedenti per rapina.
La polizia si riserva di esprimersi con certezza anche sull'identità della sfortunata vittima, sebbene – i dubbi sembrano pochi ormai- quell'arto tatuato corrisponda in tutto alla gamba frequentatore dell’Olimpico. Parlano chiaro i tatuaggi: "Oggi è un bel giorno per morire", "Curva Nord", "Ss Lazio", "Irriducibili". Ma non è stato, secondo gli inquirenti, il mondo delle tifoserie violente a portare Di Ponto sulla strada del suo assassinio, bensì l'ambiente della criminalità di San Basilio, a cui il 36enne non era nuovo. Nel 2008 fu arrestato per una serie di rapine in farmacia con ascia e motosega, la stessa con cui qualcuno un giorno gli avrebbe reciso una gamba. L’arto sinistro, secondo gli esami medico legali, sarebbe stato tagliato e asportato dopo la morte. È quello che racconta il taglio, preciso ma non troppo, eseguito presumibilmente con una motosega, post mortem, sul corpo. Sarà la comparazione del dna della gamba amputata con quello dei parenti a Dna a fare cadere ogni dubbio sull'identità della vittima.