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Il Grand Hotel Gianicolo di Roma è stato confiscato alla ‘ndrangheta

Secondo le indagini della Dia e della squadra mobile, Giuseppe e Pasquale Mattiani, proprietari dell’albergo, erano contigui alla cosca di ‘ndrangheta dei Gallico, grazie alla quale la famiglia avrebbe fatto affari e carriera politica.
A cura di Enrico Tata
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Categoria quattro stelle lusso, 48 camere, grande piscina, parcheggio interno e una delle più belle viste sulla Capitale. C'è pure il Grand Hotel Gianicolo di Roma tra i beni confiscati agli imprenditori Giuseppe e Pasquale Mattiani, padre e figlio, dalla Dia di Roma e Reggio Calabria. Un tesoro da un valore complessivo di circa 36 milioni. Ci sono conti bancari, la società cooperativa “Full Service” e 42 immobili tra Roma, Castiglione dei Pepoli, in provincia di Bologna, e Palmi, Reggio Calabria, paese originario della famiglia. Secondo le indagini della Dia e della squadra mobile, i Mattiani erano contigui alla cosca di ‘ndrangheta dei Gallico, grazie alla quale la famiglia avrebbe fatto affari e carriera politica. Giuseppe Mattiani, negli anni Novanta, diventa anche vicesindaco del suo paese di nascita, Palmi.

L'acquisto del lussuoso albergo romano al Gianicolo avviene negli anni 2000, quando l'immobile era ancora un monastero proprietà di una congregazione religiosa. I Mattiani mettono sul tavolo 11 miliardi di lire per l'acquisto, soldi che non risultano da nessuna parte. Solo successivamente al rogito, i Mattiani chiedono un mutuo bancario per 13 miliardi di lire, particolare che mette sul chi va là gli investigatori. Successivamente le indagini scoprono il collegamento tra la famiglia e il clan di ‘ndrangheta dei Gallico.

Nei confronti di Giuseppe Mattiani, scrive la Dia di Reggio Calabria, "il Tribunale ha ritenuto sussistenti seri e concreti elementi per inquadrarlo nell’alveo dei soggetti portatori di una pericolosità sociale qualificata in quanto gravemente indiziato di appartenenza alla ‘ndrangheta. Mattiani Giuseppe – si legge ancora in una vecchia informativa della Dia pubblicata dal Fatto Quotidiano – sarebbe considerato fiancheggiatore delle cosche di Palmi e paesi vicini, anche se non sarebbe stata mai provata la sua partecipazione diretta a contesti associativi mafiosi. Comunque, da quando la figlia Silvana ha contratto matrimonio con Saccà Francescantonio si sono venuti a creare, tramite quest’ultimo, stabili rapporti di affinità tra la famiglia Mattiani e le famiglie mafiose degli Alvaro di Sinopoli, dei Rugolo – Mammoliti di Castellace e di Frisina di Palmi (quest’ultimo molto vicino ai Gallico)”.

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