Grand Hotel Plaza Roma, chiesto il rinvio a giudizio del papà della fidanzata del presidente Conte
Un manager del Grand Hotel Plaza di Roma, un lussuoso albergo di via del Corso, è accusato di peculato. Secondo i pm non avrebbe versato la tassa di soggiorno pagata dai clienti, che invece dovrebbe finire nelle casse del Campidoglio. Una cifra che ammonta a circa due milioni di euro e riguarderebbe il mancato versamento delle quote per cinque anni, tra il 2014 e il 2018. Poco più di 300mila euro nel 2014, 545mila euro nel 2015, 5063mila nel 2016 e così via. Totale esatto: 2milioni e 47mila euro. Il pubblico ministero, riporta il Corriere della Sera, ha chiesto il rinvio a giudizio per l'uomo, che tra l'altro è il padre della fidanzata del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Insieme a lui sono accusate altre 40 persone, tra proprietari e gestori di hotel e bed & breakfast della Capitale, colpevoli anche loro, secondo i pm della procura di Roma, di non aver versato le quote dovute al Campidoglio. Stesso destino, infatti, è toccato all'hotel Majestic di via Veneto, un altro hotel di lusso della Capitale. La fidanzata del premier, tra l'altro, lavora tuttora nell'hotel di famiglia.
Il Grand Hotel Plaza si trova nell’antico Palazzo Lozzano di Via del Corso, progettato dall’Architetto Antonio Sarti intorno al 1834 e finito di realizzare nel 1837. Si tratta di un hotel a 5 stelle lusso.
Le indagini sul Gran Hotel Plaza e su altri hotel romani
Le indagini sono state coordinate dagli agenti del Nucleo Antievasione e Antielusione Fiscale del Comando Generale dei vigili urbani. "Il Comando Generale si rivolge ai titolari delle attività ricettive non in regola con il pagamento dei tributi: l’invito è quello di presentarsi presso la sede del Comando, in via della Consolazione, per denunciare il mancato versamento del contributo di soggiorno. Gli accertamenti andranno avanti e continueranno le denunce per stanare questi evasori", l'appello dei vigili ai proprietari degli alberghi. Tutti gli albergatori romani devono chiedere ai clienti una tassa di soggiorno di sette euro a notte e poi devono versare la stessa quota nelle casse del Campidoglio. Una procedura che, evidentemente, non tutto seguono.