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Cimitero di Prima Porta, false cremazioni e corpi dei defunti fatti a pezzi: ci sono i primi indagati

La procura di Roma ha chiuso l’inchiesta: tra le ipotesi di reato anche il vilipendio di cadavere. Indagati dipendenti Ama del cimitero di Prima Porta e di un’agenzia funebre che arrotondavano lo stipendio con il macabro business. I resti dei corpi estumulati venivano gettati nell’ossario comune.
A cura di Redazione Roma
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Immagine di repertorio
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Una storia dell'orrore nel cimitero di Prima Porta, il più grande della capitale, dove alcuni dipendenti avrebbero fatto a pezzi dei corpi di cadavere dissezionandoli per poi trasferirli nell'ossario comune. Un servizio offerto dietro pagamento sottobanco ai parenti di persone morte da più da più di trent'anni che avrebbero dovuto sborsare una cifra maggiore per una nuova sepoltura, per rinnovare la concessione o per la cremazione come previsto dai regolamenti. Una pratica andata avanti fino a pochi mesi fa, e una truffa con un giro di denaro considerevole: i casi accertati, secondo quanto riportato dal quotidiano il Messaggero sarebbero sei, ma potrebbero essere stati molti di più.

Indagati dipendenti Ama e di un'agenzia funebre

Il Pm Pietro Polidori, titolare dell'inchiesta sulla truffa venuta alla luce, ha chiuso le indagini. Tra i reati ipotizzati dalla procura anche quello di vilipendio di cadavere. A finire nei guai alcuni dipendenti di Ama, che gestisce i servizi cimiteriali di Prima Porta compreso il crematorio, e di un'agenzia di pompe funebri che ora potrebbero dover affrontare un processo, che avrebbero messo in piedi il business delle finte cremazioni per arrotondare lo stipendio, chiedendo i soldi in nero che poi si spartivano alle famiglie che non si potevano permettere il prezzo della cremazione o di un nuova sepoltura. Una pratica venuta alla luce grazie alle indagini del Nucleo Radiomobile dei carabinieri. Va da sé che nei casi riscontrati i parenti neanche sapessero di stare facendo qualcosa di illegale o che i corpi dei loro cari venissero dissezionati.

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