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Emergenza casa, occupanti in sciopero della fame da 17 giorni: “Finiremo per strada”

Abitanti e attivisti dell’occupazione del palazzo dell’ex sede dell’Inpdap di via Santa Croce in Gerusalemme protestano contro la delibera comunale firmata dal commissario Tronca che indebolisce quella regionale sull’emergenza abitativa. E li pone, di fatto, a rischio sgombero. “Nessuno ci ascolta e i candidati sindaco stanno prendendo tempo”.
A cura di Claudia Torrisi
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Fuori dal palazzo dell'ex Inpdap di via Santa Croce in Gerusalemme, a pochi passi dalla Basilica di San Giovanni in Laterano, sono appese decine e decine di chiavi. "Una cosa simbolica. Qualcuno è venuto qui a portarci la sua solidarietà e ha lasciato la sua", spiega Maurita, che da tre anni abita nello stabile. Il palazzo è stato occupato da Action – una delle sigle della lotta per la casa romana – a ottobre del 2013, durante lo Tsunami tour dei movimenti per il diritto all'abitare. Da quel momento vivono all'interno dell'ex sede dell'Inpdap 180 famiglie: uomini, donne, anziani e parecchi bambini, divisi negli uffici adibiti a stanze, dal primo al settimo piano, con bagno e cucina in comune.

Ex Inpdap in presidio da 17 giorni

In queste ultime settimane davanti al portone principale c'è un grande tendone verde e un presidio medico: serve a monitorare i ventitré tra occupanti e attivisti per la casa che da diciassette giorni stanno portando avanti uno sciopero della fame. "Lo stiamo facendo per noi e per tutti quelli come noi. L'anno scorso è uscita una delibera della Regione Lazio che si rendeva conto che a Roma c'è un'emergenza abitativa e aveva deciso di farsene carico. Ma non solo per noi delle occupazioni, anche per gli sfrattati, per quelli che hanno fatto vent'anni fa la domanda di casa popolare. È stato fatto un elenco e una divisione degli immobili disponibili. Il comune, però, ha cambiato tutto e i primi che dovevano prendere le case sono diventati i primi che dovranno essere sgomberati", dice Rosi, da vent'anni in Italia, che vive con sua figlia in un'altra occupazione.

La delibera comunale nel mirino

La delibera comunale in questione è la numero 50, che avrebbe dovuto attuare un provvedimento regionale sull'emergenza abitativa frutto di anni di tavoli, cortei e negoziazioni. Il documento firmato dalla giunta Zingaretti prevedeva un finanziamento complessivo di 200 milioni di euro per dare una casa ai migliaia di richiedenti in graduatoria, a chi viene attualmente ospitato nei residence comunali e a chi si trova in un occupazione abitativa. Per quest'ultima categoria, la Regione aveva stabilito una quota di abitazioni popolari da assegnare, fissata al 30%. A rientrare tra i fortunati erano anche gli abitanti di Santa Croce in Gerusalemme.

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Nel "piano di attuazione del programma regionale per l'emergenza abitativa" firmato dal commissario di Roma Francesco Paolo Tronca lo scorso aprile, però, non solo la quota da assegnare agli abusivi è stata compressa al 15%, ma è stata anche fatta una lista di 16 immobili occupati da sgomberare entro il 2016, e 76 successivamente. Senza che per il momento sia prevista un'alternativa. "Non assegnano praticamente nulla. Eravamo i primi nella lista e saremo tra i primi a essere sgomberati", spiega Maurita. Tra gli occupanti c'era stata eccitazione dopo l'approvazione della delibera regionale, ma poi è arrivata la doccia fredda del comune di Roma. "Potrà sembrare romanticismo – aggiunge – ma ci sentivamo quasi con le chiavi in mano, pronti a dire ai nostri figli che presto avrebbero avuto una casa. E invece rischiamo di finire in mezzo a una strada". Nonostante il presidente Zingaretti con un comunicato ufficiale abbia auspicato una "corretta applicazione" della delibera regionale, il commissario Tronca ha fatto finta di non sentire.

Così come ha fatto lo scorso 12 maggio, quando i movimenti per la casa si sono ritrovati in piazza del Campidoglio per chiedere un nuovo incontro e un tavolo di trattativa. Dopo alcune ore di presidio, è finita con idranti e manganelli sui manifestanti. "Alle nostre richieste ci è stato praticamente risposto: ‘Intanto li butto per strada, poi decido io a chi dare la casa", dice Rosi, che, raccontando il fallimento dei tentativi di dialogo, spiega che con "uno sciopero della fame di più di venti persone, almeno, speriamo che qualcuno si metta una mano sulla coscienza".

Le storie degli occupanti

Ad aver smesso di nutrirsi sono abitanti dell'occupazione di Santa Croce in Gerusalemme e di altre. "Gente comune che mette a rischio anche quel poco di lavoro precario che ha. E anche la salute", dice Maurita. Lei è già dimagrita sette chili, Rosi cinque. Ma c'è anche chi ne ha persi dieci, chi ha bambini piccoli – una scioperante è mamma di tre figli, di cui una di neanche un anno. Mentre parlo con Maurita e Rosi, una ragazza di circa trent'anni rientra nello stabile dopo il lavoro e si lascia cadere sulla sedia. "Oggi è durissima", dice.

Nell'ex sede Inpdap abitano per lo più sfrattati. Tra loro c'è gente che ha vissuto in macchina per qualche periodo o anche per strada, e poi ha preso la decisione di occupare. "Ti ritrovi in mezzo a una strada, anche perché a domanda di una casa si resta anni e anni in lista. Alla fine ti appoggi, ti arrangi, ma non va sempre bene", spiega Maurita. Rosi ha fatto domanda per l'alloggio popolare cinque anni fa e ci tiene a precisare che "non è che ti alzi una mattina e occupi un edificio".

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Quella dell'emergenza abitativa, del resto, è una vera bomba sociale che non è certo nata negli ultimi mesi. Dai dati più recenti diffusi dal ministero dell'Interno emerge che nel 2015 il 90% degli sfratti è stato causato da morosità incolpevole. Su un totale di 7274 sentenze emesse in un anno a Roma e provincia, sono da far risalire a morosità 5233 nella Capitale e 1379 nei comuni limitrofi. In attesa per l'alloggio popolare ci sono migliaia e migliaia di persone.

Che la questione casa sia una di quelle più spinose nella Capitale lo sanno anche gli occupanti di Santa Croce in Gerusalemme. Proprio per questo avevano provato a rivolgersi ai candidati sindaco per le prossime elezioni. "La Raggi sembra troppo impegnata, non c'ha proprio dato spazio", spiega Maurita. Alla candidata del Movimento 5 stelle gli attivisti di Action avevano anche scritto una lettera aperta, a cui però non è seguita risposta. Stefano Fassina ha fatto visita agli occupanti, e con Sinistra Italiana ha chiesto al governo di "rispondere sulla delibera Tronca". Gli attivisti raccontano di aver incontrato Roberto Giachetti – "ma non è venuto qui, ci siamo andati noi" – ma che anche da lui non hanno avuto grandi risposte. "Pensavamo che potesse essere sensibile a un tipo di protesta del genere – spiega Maurita – E poi è un tema che chiunque verrà eletto si ritroverà ad affrontare: quella delibera sanava una realtà, va presa in mano o migliaia di persone si ritroveranno per strada. Ma stanno prendendo tempo, tutti. E nel frattempo siamo al diciassettesimo giorno di sciopero".

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