Rom positivi al Coronavirus a Roma non sono allo Spallanzani: “Emergenza drammatica nei campi”
Secondo quanto riportato dall'ospedale Lazzaro Spallanzani, le quattro persone di etnia rom positive al coronavirus non sono ricoverate presso l'Istituto nazionale di malattie infettive. A quanto si apprende, le loro condizioni sarebbero gravi, sarebbero ricoverati in un altro nosocomio della capitale. Non è chiaro se i quattro abitassero in una casa popolare o in uno dei campi rom della capitale: i medici stanno cercando di risalire alla lista delle persone entrate in contatto con i quattro per predisporre le misure per limitare il contagio. Che, nei campi rom, potrebbero avere effetti drammatici.
Rispettare le misure di sicurezza all'interno dei campi rom non è semplice. Come spiegato dall'Associazione 21 luglio, in questi luoghi vivono centinaia di persone – 6mila in tutto il territorio della capitale – in evidente sovraffollamento. Un solo caso di coronavirus potrebbe far esplodere problematiche di carattere sanitario difficili da governare. Se una persona dovesse risultare positiva potrebbe non essere sufficiente mettere in isolamento l'intera famiglia, ma bisognerebbe farlo con l'intera comunità.
L'Associazione 21 luglio ha inviato una lettera alla sindaca Virginia Raggi e alla prefetta Gerarda Pantalone per esporre il problema e chiedere soluzioni anche per i campi rom. Soluzioni necessarie in tempi normali, indispensabili in questi tempi di pandemia globale. L'associazione ha chiesto di "mappare all'interno degli insediamenti formali e informali le condizioni di maggiore fragilità con l’obiettivo di garantire, in particolare ai minori e agli anziani, la distribuzione beni di prima necessità; di garantire all'interno di ogni singolo insediamento condizioni igienico-sanitarie adeguate assicurando in primis l’accesso all'acqua potabile; di assicurare all'interno degli insediamenti la presenza di operatori sanitari e di mediatori culturali che possano provvedere ad illustrare le misure di prevenzione raccomandate dal decreto del 9 marzo 2020 e distribuire agli abitanti dispositivi di protezione individuali; di rinforzare e coordinare una rete di volontariato sociale al fine di monitorare in maniera capillare le condizioni igienico-sanitarie e la salute di quanti vivono nelle baraccopoli della Capitale; di predisporre per tempo, in caso di riscontro di una o più positività al Covid-19 all'interno degli insediamenti formali, un adeguato e tempestivo piano di intervento sanitario, al fine di evitare che la città arrivi impreparata a tale evento".