Contagio da epatite C per sangue infetto dopo una trasfusione: paziente risarcita dopo 50 anni
Una paziente contagiata da sangue infetto è stata risarcita dopo quasi cinquant'anni. Ma lo Stato dovrà alla donna una cifra di soli 40mila euro, a fronte dei 100/200 mila euro previsti in casi come questi. Un risarcimento dunque, che non tiene conto dei danni morali ed emotivi subiti dalla paziente. La vicenda ha come protagonista un'ottantacinquenne di Anagni, Comune in provincia di Frosinone, affetta da epatite C. La sua storia ha inizio nel lontano 1973, quando, allora trentanovenne, si è sottoposta a una trasfusione di sangue al Policlinico Umberto I di Roma, a seguito di un'emorragia. Solo dopo anni, nel 2013, grazie ai risultati delle analisi di routine, ha scoperto di aver contratto il virus, rimasto latente all'interno del suo corpo molto a lungo, per ben quarant'anni, senza manifestare nessun sintomo. Da quel momento ha intrapreso una serie di azioni giudiziarie per essere risarcita, seguita dal suo avvocato Renato Mattarelli, avvocato esperto in cause giudiziarie che riguardano danni da sangue. Ha ricevuto un primo indennizzo, di 800 euro mensili, così come disposto dalla legge 210 del 1992, a favore dei pazienti danneggiati da vaccinazioni o trasfusioni. Inoltre, i giudici della Corte d'Appello di Roma lo scorso 12 giugno hanno condannato il Ministero della Salute a pagare circa 40mila euro alla donna.
La scarsa attenzione alle trasfusioni e i danni da sangue
"Il risarcimento del danno è una questione molto più ampia, che coinvolge la sfera affettiva. La donna, che è nonna, ha avuto una vita rovinata, e tutt'oggi ha paura ad abbracciare i nipotini, perché teme di contagiarli, si è chiusa in se stessa, allontanando le sue amicizie – ha spiegato il legale, contattato da Fanpage, che ha chiarito – Seguo anche casi di giovani affetti da Aids ad esempio, che hanno difficoltà a relazionarsi e a condurre una vita normale". E inquadrando genericamente il caso, ha spiegato: "Ci sono centinaia di migliaia di persone in Italia contagiate da sangue infetto per la scarsa attenzione delle trasfusioni da metà degli anni '60 a metà degli anni '90, allora era un fenomeno purtroppo diffuso che ha gravi ripercussioni ancora oggi".
Epatite C: cos'è
Il virus dell'epatite C, come si legge sul portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica è caratterizzato da un'infezione acuta iniziale nella maggior parte dei casi, asintomatica. I pazienti che manifestano la malattia presentano anoressia, nausea, vomito, febbre, dolori addominali e ittero. Un decorso fulminante fatale si osserva assai raramente (0,1%), mentre un’elevata percentuale dei casi, stimata fino all’85%, andrà incontro a cronicizzazione. Il 20-30% dei pazienti con epatite cronica C sviluppa, nell’arco di 10-20 anni, cirrosi e, in circa l’1-4%, successivo epatocarcinoma. La trasmissione avviene principalmente per via parenterale. Il controllo delle donazioni di sangue, attraverso il test per la ricerca degli anticorpi anti-Hcv, ha notevolmente ridotto il rischio d’infezione in seguito a trasfusioni di sangue ed emoderivati. Non esiste un vaccino contro l’epatite C, per questo si raccomanda attenzione sulle generali norme igieniche, la sterilizzazione degli strumenti chirurgici e per i trattamenti estetici, l’utilizzo di materiali monouso, la protezione nei rapporti sessuali a rischio.