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Casapound caccia via i giornalisti dall’anniversario di Acca Larentia

“Questa è una cerimonia solenne, non vogliamo le vostre foto o riprese per qualsiasi giornale siano”: ecco cosa è successo ieri all’iniziativa di Casapound per ricordare Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, i militanti del Msi assassinati il 7 gennaio 1978.
A cura di Simona Berterame
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Anche quest'anno l'estrema destra si è riunita in via Acca Larentia per ricordare Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, i tre militanti del Msi assassinati il 7 gennaio del 1978.

In serata era prevista una commemorazione organizzata da Casapound. Ero in cima alla scalinata dove ogni anno i militanti di estrema destra si posizionano per la commemorazione. Ma prima che iniziasse, sono stata manda via. Proprio così, mi hanno impedito di svolgere il mio lavoro, invitandomi "gentilmente" ad andarmene. "Non puoi stare qui" mi è stato detto da alcuni militanti. In un primo momento ho pensato che il problema fosse semplicemente legato alla scalinata, perciò ho chiesto con tranquillità dove potevo posizionarmi per lavorare. Ma la risposta non è stata quella che speravo: "Non puoi stare da nessuna parte, qui non vogliamo foto o riprese". Ho tentato di ricevere una spiegazione domandando perché non potessi riprendere e inizialmente nessuno aveva voglia di parlare. "Perché no e basta". Dovevo solo andarmene. Mi sono chiesta perché non potessi riprendere o meglio, cosa non potessi riprendere. Forse qualche braccio teso o qualche slogan troppo "colorito". Posso solo fare ipotesi, perché di fatto non mi è stato permesso di svolgere il mio lavoro.

"Questa è una cerimonia solenne, non vogliamo le vostre foto o riprese per qualsiasi giornale siano".  Non avevo comunicato a nessuno il mio nome o la testata, sono stata cacciata semplicemente perché avevo in mano una telecamera e la stampa in questa occasione non era ospite gradita. Forse chi mi ha cacciata non conosce il diritto di cronaca. Forse avrei dovuto insistere ancora di più, facendo valere le mie ragioni. Ma l'istinto stavolta mi ha giocato un brutto tiro e me ne sono andata. Ho voluto però scrivere quello che mi è accaduto perché al di là dei colori politici e delle ideologie, una commemorazione pubblica non può essere blindata alla stampa, calpestando il diritto di cronaca come se niente fosse.

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