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Casamonica, occupa abusivamente una casa confiscata al clan: denunciata una donna

Una 19enne è stata denunciata per occupazione abusiva di immobile confiscato. È entrata in una casa rompendo i sigilli apporti dai carabinieri durante l’operazione Gramigna dello scorso 17 luglio, quando i militari hanno compito un blitz contro il clan Casamonica nella zona Appia-Tuscolana di Roma.
A cura di Alessia Rabbai
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Ha occupato abusivamente una casa sequestrata dai carabinieri a Giuseppe Casamonica, padre del suo fidanzato e figura di spicco del clan. Così una ragazza di 19 anni ha tolto i sigilli apposti sullo stabile nella zona di Porta Furba dalle forze dell'ordine ed è entrata all'interno dell'abitazione, rompendo la serratura della porta, con l'intento di rimanerci. La casa era stata confiscata dai militari lo scorso 17 luglio, nel corso dell'operazione Gramigna. Ma il soggiorno per la giovane donna è durato poco. È stata infatti denunciata per occupazione abusiva di stabile confiscato. Sul posto è intervenuto anche il personale dell’Agenzia Nazionale dei Beni sequestrati e confiscati, ente assegnatario dell’immobile che, con i militari presenti, ha liberato la casa, sistemato la serratura e apposto nuovamente i sigilli. A commentare l'episodio, la sindaca di Roma, Virginia Raggi: "Non abbassiamo lo sguardo. Roma Capitale è al fianco di Agenzia Nazionale Beni Sequestrati e Confiscati alla criminalità organizzata – si legge su Twitter – Inaccettabile occupazione loro stabile da parte Casamonica. Grazie a carabinieri per l'intervento. Istituzioni unite per legalità".

Il blitz dei carabinieri del Nucleo investigativo di Frascati risale a cinque mesi fa, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia nella zona Appia-Tuscolana di Roma. Nell'operazione sono stati confiscati diversi beni immobili, tra cui quello occupato abusivamente dalla donna. Gli arrestati sono ritenuti responsabili, in concorso fra loro e con ruoli diversi, di aver costituito un’organizzazione dedita al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, nonché di ulteriori reati quali estorsione, usura, concessione illecita di finanziamenti, tutti commessi con l’aggravante del metodo mafioso. Le indagini sono state avviate nell’estate del 2015 e hanno permesso di documentare l’esistenza di un’associazione mafiosa autoctona strutturata su più gruppi criminali, prevalentemente a connotazione familiare, dotati di una propria autonomia decisionale, operativa ed economica e dediti a vari reati come spaccio di stupefacenti, usura ed estorsioni.

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