Attentato al Parco del Circeo, c’è una confessione: è il proprietario di uno stabilimento abusivo
Ha confessato l'uomo che lo scorso 24 giugno ha minacciato un attentato incendiario al Parco del Circeo. Si tratta di un uomo di 67 anni che gestisce insieme al figlio lo stabilimento Bounty, che le forze dell'ordine avevano chiuso a causa di abusi edilizi riscontrati. "Volevo solo fare paura, sono pentito e ho fatto tutto da solo", ha dichiarato – assistito dai suoi avvocati – davanti ai pm Valentina Giammaria e Antonio Sgarrella. Per lo stesso reato è indagato anche il figlio, di 36 anni: lo stabilimento, infatti, è gestito da entrambi. Secondo gli inquirenti l'attentato incendiario sarebbe stato pensato e messo in atto da entrambi: le ipotesi di reato sono concorso in minacce e incendio. L'uomo avrebbe confessato perché si era reso conto che il cerchio si stava stringendo intorno a lui e al figlio: durante le indagini, infatti, erano state isolate tracce ematiche e impronte digitali che hanno condotto ai due gestori del Bounty. E, a quel punto, è arrivata la confessione.
Tre mesi fa la sede che si trova davanti l'ente del Parco Nazionale del Circeo è stata cosparsa di gasolio. Sul luogo, inoltre, è stato trovato un plico contenente quattro cartucce calibro 12 dirette al comandante della locale stazione dei carabinieri forestali, Alessandro Rossi. Da subito gli investigatori hanno immaginato che si potesse trattare di una vendetta per i controlli e i sequestri operati nel corso dell'estate sul lungomare. Molti stabilimenti, infatti, avevano compiuto degli abusi edilizi e per questo erano stati messi i sigilli. Atti questi, che non sono stati ben accolti dai proprietari, che hanno ritenuto di vendicarsi in questo modo. E adesso rischiano accuse molto gravi.