Pacato e mai scomposto, ma apprezzato anche per la capacità di suscitare entusiasmo. A volte però, sussurrano i suoi detrattori, sembra troppo impegnato a non scontentare nessuno. Di tradizione comunista, è benvoluto a sinistra, ma anche al centro. Quella di Nicola Zingaretti è una delle poche fotografie vincenti rimaste al centrosinistra italiano, a pezzi dopo le elezioni di domenica. Il presidente della Regione Lazio è l'unico leader del Partito democratico a essere uscito vincente dalle urne.
Per il Pd "ora è il tempo della rigenerazione", ha detto Zingaretti ieri nel discorso con cui ha celebrato la rielezione a presidente del Lazio. "Uniti si vince", il mantra del governatore, che nel Lazio ha potuto contare su un centrosinistra "unito e inclusivo". Proprio dalla coalizione che ha vinto nella regione della Capitale i progressisti possono ripartire. Nicola Zingaretti sicuramente rimarrà alla guida della Regione, ma non resterà a guardare al congresso del Partito democratico che dovrà scegliere il leader del dopo Matteo Renzi. Al governatore laziale però serve tempo, non ha mai compiuto una scelta affrettata e non lo farà certo ora: l'obiettivo, per lui, è quello del voto fra cinque anni, non certo fra pochi mesi. In caso di elezioni anticipate non farà il passo decisivo. Proprio questo è uno dei difetti rimproverati al fratello del ‘commissario Montalbano': il poco coraggio, il non scontentare nessuno. Da quando scelse di non correre per le elezioni al comune di Roma nel 2008, con Francesco Rutelli che perse contro Gianni Alemanno, a quando rifiutò di correre per la segreteria del Pd del dopo Veltroni/Franceschini nel 2009 e del dopo Bersani nel 2013. Scelse di restare in disparte anche alle Regionali del 2010, quando il Partito democratico (e proprio a Zingaretti fu dato il compito di scegliere) preferì appoggiare la candidatura di Emma Bonino. Alle primarie per la candidatura a sindaco di Roma, quelle in cui vinse Ignazio Marino, Goffredo Bettini propose ancora una volta la candidatura di Zingaretti. "Il sindaco lo doveva fare lui, che politicamente considero figlio mio. Però Nicola è venuto a dirmi che non se la sentiva. E io l’ho apprezzato, in un Paese in cui tutti vogliono fare tutto e c’è la fila pure per fare il presidente della Repubblica", disse all'epoca Bettini. Zingaretti ripiegò sulla corsa alle Regionali dopo le dimissioni di Renata Polverini. Oggi ai cronisti che gli hanno chiesto del suo futuro nel partito ha risposto: "Penso di aver dato un immenso contributo in questi anni al Pd ma se poi la domanda è cosa farò da grande dico che nei prossimi anni sarò il presidente della Regione Lazio, quindi credo che questa sia la cosa più ovvia da dire".
Zingaretti, uno dei leader predestinati della sinistra italiana
Di famiglia comunista Zingaretti comincia il suo impegno politico facendo parte del movimento della pace nei primi anni '80. Goffredo Bettini, l'ideatore del ‘modello Roma' lo scopre e lo nomina segretario comunale di Roma della Federazione Giovanile Comunista Italiana. Nel 1991 diventa il primo segretario nazionale della Sinistra Giovanile e un anno dopo viene eletto consigliere comunale a Roma. Poco dopo diventa responsabile esteri del Pds guidato da Massimo D'Alema. Nel 2000 diventa segretario capitolino dei Democratici di Sinistra ed è uno dei promotori della candidatura di Walter Veltroni a sindaco di Roma. Nel 2004 diventa parlamentare europeo e poi comincia la scalata: prima presidente della provincia di Roma, poi presidente della Regione. È il primo governatore a essere riconfermato nella storia del Lazio.