Joan Baez, torna l’usignolo di Woodstock: all’Auditorium il concerto della Regina del Folk
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“Da San Diego fino al Maine, in ogni miniera e in ogni fabbrica dove i lavoratori difendono i loro diritti, lì troverai Joe Hill”. È incinta di qualche mese, indossa una tunica celeste, il vapore del diluvio di quella sera la fa sembrare una madonna. La voce dolce ma potente, le corde della chitarra pizzicate, le canzoni sono la voce di un popolo arrabbiato. Canta Joe Hill per il marito, in prigione per aver rifiutato di combattere in Vietnam. Quando Joan Baez sale su quel palco nelle campagne di New York, è l'estate del 1969. Canta all'alba del secondo giorno di “pace, amore e musica” davanti a mezzo milione di persone. Per sempre rimarrà “l'usignolo di Woodstock”. C'era una volta un mondo che chiedeva di cambiare. C'erano ragazzi che combattevano la guerra, c'erano i neri che lottavano per i loro diritti. C'era un popolo e c'era la loro regina. Joan Baez per molti è la “Madonna dai piedi scalzi”, per altri la musa di Bob Dylan. Per tutti è la regina delle canzoni di protesta. “Era la regina del folk allora e lo è oggi”, ha detto Dylan qualche settimana fa quando ha ritirato il premio come “Personaggio dell'anno” dell'associazione MusicCare.
Joan Baez, americana di origini messicane, inizia a suonare nei coffee shop vicino Harvard a Boston, alla fine degli anni '50. Il suo repertorio è la musica popolare di tradizione anglosassone, le ballate inglesi dell'800 di Child. Canta Geordie, che in Italia conosciamo per la versione di Fabrizio De Andrè, e la ballata di Mary Hamilton. Poi l'incontro con Bob Dylan nel '62. È lei che lo fa salire per la prima volta su un palco e lo fa cantare davanti a migliaia di persone. Baez a 20 anni è già famosa, ma il suo pubblico non ne vuole sapere di lui: “Che ci fai con quel cencioso, arruffato piccolo vagabondo?”, le urlano. “Lei rispondeva a tutti di calmarsi e di ascoltare attentamente quelle canzoni”, racconta Bob Dylan. Quei testi e quelle melodie sono la voce di una generazione, un grido che presto arriva in tutto il mondo. Dylan è il profeta e Baez è la madonna con la chitarra che diffonde il messaggio. Hanno una storia d'amore che finisce presto, nel '64: lui vuole inventare la sua musica, lei vuole essere un'attivista per i diritti civili, prima che una cantante. “Quando vado a una marcia, a una manifestazione, mi chiedono ancora: ‘Bob viene?' Io rispondo che non è mai venuto e probabilmente mai verrà”, racconta Baez nel documentario di Martin Scorsese su Dylan.
Joan Baez, dall'amore per Bob Dylan alle marce per la pace
Joan Baez canta le canzoni di Dylan nelle università americane, ai sit in di protesta contro la guerra in Vietnam, alla marcia di Selma, accanto a Martin Luther King. Il 28 agosto del 1963 ci sono entrambi, Dylan e Baez, a Washington vicino al reverendo quando pronuncia quelle parole impresse nella storia: “I have a dream that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed: ‘We hold these truths to be self-evident; thal all men are created equal'". Joan Baez chiude quella marcia oceanica con “We Shall Overcome”, un gospel di protesta e di speranza. Per decenni non c'è stata marcia, manifestazione in cui non venisse cantata quella canzone. Baez la canta a Woodstock nel '69, ad Hanoi in Vietnam sotto i bombardamenti della sua America, in America Latina contro le dittature, a Praga negli anni della “Rivoluzione di velluto” di Vaclav Havel. La dedica agli iraniani, con alcuni versi in farsi, per le proteste del 2009, la canta alla Casa bianca davanti a Barack Obama.
Joan Baez torna a Roma e suonerà martedì 10 marzo all'Auditorium Parco della Musica. Quando venne la prima volta, nel 1967, cantò “C'era un ragazzo”, qualcuno dice, forse, anche prima dello stesso Gianni Morandi” e poi “Un mondo d'amore”. Nel 1968 collabora con Ennio Morricone alla colonna sonora del film “Sacco e Vanzetti” di Giuliano Montaldo. “Here's to you” è famosa in tutto il mondo come inno contro l'ingiustizia e per la libertà. Negli anni '80 canta anche “La donna cannone” di Francesco De Gregori con cui suona insieme a un concerto e la “Canzone di Marinella di Fabrizio De Andrè. A 74 anni Joan Baez canta ancora su tutti i palchi del mondo. Perché c'è ancora bisogno della sua musica, servono ancora quelle canzoni come strumento per smuovere le coscienze. “Ne abbiamo bisogno oggi più che mai. La musica rende contagioso il coraggio. Ogni rivoluzione che è avvenuta nei nostri tempi è arrivata sull'onda di nuova musica”, è sicura Joan Baez.