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Proteste a macchia di leopardo dei postini a Roma: “Giriamo tutta la città senza misure sicurezza”

Portapacchi e portalettere si sono rifiutati in diverse occasioni di continuare il loro lavoro in mancanza delle misure di sicurezza adeguate. “Ci sentiamo bombe ad orologeria che corrono di palazzo in palazzo senza dispositivi di protezione. Non abbiamo paura solo per noi ma soprattutto di essere vettori della malattia”.
A cura di Redazione Roma
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A innescare la miccia è stata la notizia della morte di due dipendenti delle Poste a Bergamo, dove il conto dei morti e dei contagiati racconta di uno scenario terribile. "La notizia dei due postini morti a Bergamo mentre erano in servizio ci ha fatto raggelare. – racconta una postina a Fanpage.it – È arrivata mentre eravamo in servizio e non abbiamo potuto fare a meno di pensare ‘erano morti che si potevano evitare?' Ci ha letteralmente portato muso a muso con la possibilità del contagio e con quelle che crediamo siano le mancanze di Poste, che non considera davvero il rischio di esposizione dei lavoratori". Molti dei dipendenti coinvolti nell'agitazione consegnano in questi giorni pacchi Amazon, azienda a sua volta coinvolta in mobilitazioni e proteste.

Hanno paura di essere contagiati ma anche di contagiare: "Nonostante le nuove disposizioni aziendali il contatto con il pubblico vi assicuriamo che è inevitabile: uffici, portieri, persone che entrano ed escono. Ci sentiamo bombe ad orologeria che corrono di palazzo in palazzo senza dispositivi di protezione. Non abbiamo paura solo per noi ma soprattutto di essere vettori della malattia". Così in diversi portalettere e portapacchi hanno scelto di tornare a casa quando i centri di recapito erano troppo affollati, altri dopo aver passato il badge hanno incrociato le braccia. Proteste a macchia di leopardo che non sono passate inosservate dall'azienda, che ha chiamato molti dei lavoratori chiedendogli conto e ragione di quanto accaduto. E i sindacati? "Per ora non hanno seguito le proteste, in molti tra i colleghi sono arrabbiati ma hanno paura delle conseguenze".

"Siamo costretti a recarci in luoghi di lavoro sovraffollati, nonostante l'azienda abbia provveduto ad adottare un criterio di dilazionamento degli orari di ingresso nei centri di ricapito. Gruppi di 5 o 6 lavoratori timbrano ad esempio alle 9.00, il secondo magari a un'ora di distanza, ma poi all'interno non cambia niente gli ambienti non consentono di mantenere la distanza di sicurezza né una adeguata areazione, in più sono luoghi sporchi, dove le condizioni igieniche sono state sempre scarse e gli strumenti di lavoro non vengono sanificati". Per non parlare della mancanza di "di guanti, saponi e neanche a dirlo di mascherine".

C'è poi un problema che riguarda gli strumenti stessi di lavoro, come ci racconta un altro dipendente coinvolto nelle agitazioni: "Il palmare touch screen in dotazione viene tra lavoratori su turni diversi, così come i mezzi". Poste ha dato indicazioni per limitare i contatti con il pubblico: ad esempio le raccomandate possono essere immesse in cassetta se il destinatario autorizza, evitando così la firma digitale sul dispositivo touch screen, però gli atti giudiziari e altri tipi di comunicazione i portalettere invece di consegnarli devono "lasciare un avviso di giacenza così che il cittadino si dovrà poi recare allo sportello, creando code e riempiendo uffici postali".

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