Inutile nasconderlo: i fatti che stanno coinvolgendo la sindaca di Roma Virginia Raggi, il cui ultimo capitolo è la convocazione della procura in relazione alla promozione di Renato Marra, fratello dell'ex braccio destro Raffaele in carcere per corruzione, sono gravi. Così come sono gravi le accuse per cui si indaga: non solo il reato di abuso di ufficio, già messo in conto dal MoVimento, ma anche quello di falso.
Ora che succederà? Si chiedono in molti, arrivati all'ennesima puntata di una telenovela iniziata all'indomani dell'elezioni della prima sindaca di Roma. Il nuovo codice etico promulgato sul blog di Beppe Grillo mette al riparo Raggi da qualsiasi scelta obbligata: può rimanere al suo posto, almeno formalmente. Certo, in molti ricordano in queste ore quando da consigliera d'opposizione lanciava strali contro il Partito democratico, invitando Matteo Orfini a fare pulizia e a "cacciare indagati e condannati", ma poco importa. Le cose cambiamo, e che il M5s impari un po' di garantismo sulla propria pelle non può che fare bene alla democrazia.
L'arresto di Raffaele Marra ha portato alla dismissione in fretta e furia del così detto ‘Raggio magico', il team di fedelissimi di cui la sindaca si era circondata. Quei ‘quattro amici al bar', come si chiamavano in una chat su WhatsApp il cui contenuto, acquisito da quanto si apprende dagli inquirenti, fa tremare i protagonisti. Via Salvatore Romeo e ridimensionato il ruolo di Daniele Frongia, uomo ombra di Virginia, destituito da vicesindaco. Ora i vertici del Movimento 5 stelle starebbero ipotizzando di imbrigliare ancora di più l'azione della sindaca con nuove nomine: prima di tutto un nuovo vice al posto di Luca Bergamo, poi un un pretoriano di Grillo e Casaleggio come capo di gabinetto. Un commissariamento? Vietato dire questa parola, ma la verità è che i vertici del M5s sanno che la partita romana ha un valore nazionale e non si può perdere: la sindaca va guardata a vista.
Grillo o non Grillo, Casaleggio o non Casaleggio, Virginia Raggi oggi ha una sola cosa da fare: andare in aula Giulio Cesare (e rimanerci magari per più di 15 minuti), esporre le sue ragioni e le sue scelte, confrontarsi con i consiglieri della sua maggioranza e con l'opposizione. Discutere insomma con i rappresentanti eletti (proprio come lei) dai cittadini, e chiedere a loro se e come andare avanti. Così dovrebbe funzionare in una democrazia. Questo sarebbe davvero trasparente e, diremo di più, dovrebbe essere la normalità. Altrimenti la politica e la pratica democratica saranno ridotti a retroscena più o meno attendibili, trattative segrete tra gruppi e partiti.