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Omicidio Ciro Esposito, la famiglia di Daniele De Santis: “Sentenza scritta dai media”

Dopo la condanna a 26 anni di carcere per Daniele De Santis, riconosciuto responsabile dell’omicidio di Ciro Esposito, il tifoso partenopeo colpito da un colpo d’arma da fuoco prima della finale di Coppa Italia all’Olimpico il 3 maggio 2014, la famiglia dell’ultrà giallorosso dà la sua versione de fatti.
A cura di Valerio Renzi
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Parla la famiglia di Daniele De Santis, l'ultra romanista condannato a 26 anni di carcere per l'omicidio di Ciro Esposito, colpito da un colpo di pistola nei pressi dell'Olimpico il 3 maggio 2014, dove si giocava la finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli, e morto dopo 50 giorni di agonia in ospedale. I familiari di De Santis dopo mesi di silenzio tornano a parlare, e lo fanno per denunciare come la sentenza della terza Corte d'Assise di Roma, sia sta scritta dai media che non avrebbero raccontato le cose così come stanno.

"Una condanna esclusivamente mediatica e simbolica già decisa molto prima dell'inizio del processo. Una sentenza a dispetto di qualsiasi prova e di qualsiasi logica, data di prepotenza in quanto obbligata mediaticamente". Questa l'idea della famiglia De Santis, una sentenza scritta dal "pregiudizio", comminata "a dispetto di qualsiasi prova e di qualsiasi logica, data di prepotenza in quanto obbligata mediaticamente".

L'attacco contro la famiglia di Ciro Esposito

E poi l'attacco alla famiglia di Ciro Esposito: "Noi a prescindere da torti o ragioni, abbiamo sempre rispettato il dolore altrui, non intraprendendo né raccogliendo mai battaglie mediatiche; in silenzio riponevamo fiducia solo nelle indagini, ritenendo che replicare non fosse importante". E ancora: "Vi siete mai chiesti che influenza abbia avuto ascoltare perennemente una versione soltanto, urlata da tutti megafoni mediatici esistenti?".

Per la famiglia De Santis sarebbe stata legittima difesa

Per la madre, il padre e la sorella Daniele De Santis sarebbe "stato vittima di un linciaggio" da cui avrebbe tentato di salvarsi: "Inseguire fin dentro casa, aggredire e massacrare un uomo in fuga non può di certo essere spacciato per una difesa". Eppure le prove ci sarebbero state: "Il Racis (la scientifica dei carabinieri) e i periti sono gli unici organi investigativi che hanno fornito le sole prove reali che indicano i modi e i tempi dell'aggressione a Daniele dimostrando nella loro perizia che tutto ciò che è successo, tutto ciò che è accaduto dopo che Daniele è stato aggredito dall'orda, dopo aver tentato in tutti i modi una fuga disperata cercando la salvezza al di là del cancello di casa sua. E' inconcepibile che l'accertamento di tali autorità non abbia fermato questa condanna".

Un pestaggio che ha lasciato un segno indelebile sul corpo dell'ultrà giallorosso: "Daniele – si legge – dopo più di due anni, è ancora lì immobile su una barella con una intelaiatura d'acciaio alla gamba, cercando di salvare il resto dall'amputazione, in quanto appena tre mesi fà gli sono già stati amputati 15 centimetri di osso necrotico. Ma in fondo cosa ha di grave? ‘Un taglio al piede', vi dicono oggi".

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