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“Mio papà morto di cancro in Pronto soccorso,tra sguardi indiscreti e visitatori rumorosi”

Questa la lettera-denuncia inviata da un giornalista di AskaNews alla ministra della salute Lorenzin. Racconta le ultime ore di vita del padre trascorse, da malato terminale, in una corsia affollata del Pronto Soccorso dell’Ospedale San Camillo di Roma.
A cura di Enrico Tata
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Morto in una corsia del Pronto soccorso dell'Ospedale San Camillo di Roma, tra sguardi indiscreti e visitatori rumorosi. E' la storia del papà di un giornalista dell'agenzia di stampa Askanews. Il figlio ha scritto una lettera alla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, per denunciare quanto accaduto. "Mio padre ha trascorso cinquantasei ore in pronto soccorso, da malato terminale, nella sala dei codici bianchi e verdi, ovvero i casi meno gravi. Accanto aveva anziani abbandonati, persone con problemi irrilevanti che parlavano e ridevano, vagabondi e tossicodipendenti che, di notte, cercavano solo un posto dove stare. Il peggio, poi, si verificava nell'orario delle visite: sala sovraffollata di parenti che portavano pizza e panini ai malati e che non perdevano l'occasione per gettare lo sguardo su mio padre. Abbiamo protestato, chiesto una stanza in reparto o in terapia intensiva, un posto più riparato. Ma non abbiamo ottenuto nulla". Questo il racconto delle ultime ore del padre.

Tre mesi fa aveva scoperto di avere il cancro ad uno stadio terminale. Prima, racconta il figlio, ha fatto alcuni cicli di radioterapia palliativa, che serve cioè non a curare, ma a ridurre i sintomi e i dolori del tumore. Ma nonostante il trattamento, "mio padre aveva sempre più dolori alle ossa; alla fine, non riusciva più a camminare e anche le azioni più semplici, come alzarsi dal letto o scendere dalla macchina, erano diventate un calvario, nella totale indifferenza di medici che, oltre ad alzare le spalle e a chiedere di avere pazienza, non sapevano dire o fare altro, se non aumentare la dose di tachipirina". Di fronte a dolori sempre più forti, la famiglia si è rivolta a una struttura per malati terminali "per garantirgli una morte dignitosa". Il giorno dopo, però, il papà viene portato al pronto soccorso dell'Ospedale San Camillo e la situazione presto si complica.

L'uomo è morto dopo 56 ore passate, racconta il figlio, interamente in pronto soccorso. "Sarebbe bastata una tenda, tra un letto e l'altro. Invece abbiamo dovuto insistere per ottenere un paravento, non di più, perché gli altri "servono per garantire la privacy durante le visite"; una persona che sta morendo, invece, non ne ha diritto: ci hanno detto che eravamo persino fortunati. Così, ci siamo dovuti ingegnare: abbiamo preso un maglioncino e, con lo scotch, lo abbiamo tenuto sospeso tra il muro e il paravento; il resto della visuale lo abbiamo coperto con i nostri corpi, formando una barriera. Sarebbe dovuto morire a casa, soffrendo il meno possibile. È deceduto in un pronto soccorso, dove a dare dignità alla sua morte c'erano la sua famiglia, un maglioncino e lo scotch. È successo a Roma, capitale d'Italia".

La ministra Lorenzin risponde alla lettera: "Manderemo gli ispettori"

"La lettera solleva punti molto gravi. Sono rimasta molto colpita dalla lettera del suo collega perché ci sono dei punti molto gravi che sono denunciati. Ho chiesto al mio capo ufficio stampa di chiamare il suo collega per recepire qualche informazione in più e ovviamente poi manderemo gli ispettori". Così la ministra Lorenzin ha dichiarato a un cronista di Askanews a conclusione di un'audizione davanti alla commissione Affari sociali, alla Camera, sull'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (Lea).

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