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Mafia Capitale, 13 rinviati a giudizio per appalti sui campi nomadi

Coinvolti amministratori, imprenditori e un funzionario di polizia. Tra gli indagati anche Emanuela Salvatori, già condanna a 4 anni per i suoi affari con il ras delle coop, Salvatore Buzzi.
A cura di Redazione Roma
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Soldi, assunzioni e altro ancora: era questa la merce di scambio per l'assegnazione dei lavori in alcuni campi nomadi di Roma. Nel corso dell'indagine parellela di Mafia Capitale – volta a chiarire il giro di affari illeciti intorno agli appalti sui campi nomadi – il Gip di Roma ha rinviato a giudizio tredici persone per un presunto giro di tangenti. Nelle carte dei giudizi ricorrono i nomi di funzionari del dipartimento politiche sociali del Comune, imprenditori e altri pubblici ufficiali. Parte civile è lo stesso Comune di Roma su istanza dell'avvocato Enrico Maggiore. Tra i tredici indagati anche Emanuela Salvatori, funzionaria del Campidoglio già condannata a 4 anni per i suoi affari con Salvatore Buzzi, a cui si contestano i reati reati di corruzione, falso e turbativa d'asta per fatti avvenuti tra fine 2013 e marzo 2014.

Quattro i patteggiamenti, grazie a cui l'imprenditore Massimo Colangeli sconterà due anni di reclusione e verserà 40.000 euro; Roberto Chierici, amministratore di due cooperative, 3 anni e 5 mesi e il versamento di 75mila euro; Eliseo de Luca, il funzionario della polizia municipale 2 anni e 9 mesi e il versamento di 50mila euro e Giuseppe Sesto, amministratore di una società coinvolta, ha patteggiato 1 anno e 6 mesi di reclusione.

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