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L’esperto: “Con stop a Bracciano Roma rischia di restare senz’acqua. E a settembre andrà peggio”

“Ho tanti dubbi” sullo stop alle forniture dal lago di Bracciano, spiega Francesco Napolitano, esperto di protezione idraulica del territorio, che smentisce anche la tesi secondo cui lo stop a Bracciano non pregiudicherebbe l’intera rete: “Non si può dire che non si dà acqua solo all’8% della popolazione: la rete è tutta connessa, si abbassa il livello della pressione ovunque”.
A cura di Stefano Rizzuti
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Il livello dell'acqua del lago di Bracciano a Trevignano Romano - LaPresse
Il livello dell'acqua del lago di Bracciano a Trevignano Romano – LaPresse

L’emergenza idrica è diventata, negli ultimi giorni, una minaccia sempre più concreta per i cittadini romani: dopo la decisione della regione Lazio di sospendere il prelievo dell’acqua dal lago di Bracciano, Acea (l’azienda multiservizi partecipata per il 51% dal comune di Roma) ha annunciato una turnazione per la chiusura dell’erogazione dell’acqua nel quartieri della Capitale che dovrebbe coinvolgere un milione e mezzo di romani per 8 ore consecutive al giorno. Una scelta obbligata, secondo Francesco Napolitano, professore ordinario dell’università Sapienza di Roma, esperto in costruzioni idrauliche e protezione idraulica del territorio.

Ho tanti dubbi” su questa decisione, esordisce Napolitano: “Secondo me chi ha scritto l’ordinanza o è stato consigliato male dai suoi tecnici o non ha capito le conseguenze alle quali si può andare incontro con una turnazione della disponibilità idrica di Roma. Da tecnico sono perplesso”. Secondo il docente della Sapienza, “se si chiude Bracciano l’unica cosa che si può fare è turnare”. “Acea – secondo Napolitano – è praticamente costretta; credo che sia incomprensibile, da tecnico, l’ordinanza della regione: se mettiamo sul piatto della bilancia gli 1,5 millimetri al giorno di cui si abbasserebbe il lago di Bracciano, a fronte dei 7 millimetri al giorno che vanno via con l’evaporazione…”. Secondo il docente della prima università di Roma è una “questione molto politica”: “Il senso potrebbe essere quello di far vedere che c’è un ente che si preoccupa dal punto di vista ambientale di qualche territorio, considerando che ci sono le elezioni tra sette mesi, e che c’è qualcuno che non è in grado di fare il suo dovere nella propria città”.

Non siamo di fronte a una “guerra politica”, ma ci sono “in campo sensibilità politiche differenti tra chi pensa di tutelare un territorio che è sicuramente sofferente come quello del lago di Bracciano e altri attori. Si paventa una catastrofe ecologica, devo capire bene se questa tesi ha qualche fondamento. La mia sensazione è che da cittadino romano non ci meritiamo questo trattamento. Si poteva evitare, se i politici fossero contornati da tecnici competenti non si sarebbe arrivati a questo punto”.

Il lago di Bracciano, spiega lo stesso professore, incide per l’approvvigionamento dei romani solo per l’8% del totale, ma “anche se incide così poco, non si può dire che non si dà acqua solo all’8% della popolazione: la rete è tutta connessa, si abbassa il livello della pressione ovunque. Per garantire la fornitura bisogna chiudere parte della rete, il che significa abbassare la pressione, non dare acqua”. Secondo Napolitano Acea si troverebbe quindi con le spalle al muro, rischiando però di mettere i romani di fronte a un problema di sicurezza: “Turnare la Capitale non è turnare un piccolo comune di pochi abitanti, ma abbiamo una città non distrettualizzata, quindi non possiamo chiudere solo un distretto e tutto il resto va alla grande. Deve essere per forza tutto connesso”.

Il rischio per ospedali e attività sensibili

Una eventuale turnazione nell’erogazione dell’acqua nei quartieri romani metterebbe a rischio alcune attività definite sensibili, come quelle dei vigili del fuoco e degli ospedali. Negli ultimi giorni è arrivata qualche rassicurazione da parte degli attori interessati sul rischio che gli ospedali non abbiano forniture d’acqua, ma la questione è complessa. La tutela è “fattibile nella misura in cui gli ospedali hanno delle vasche di accumulo dell’acqua che possono far fronte alle 8 ore di turnazione, in grado quindi di soddisfare il bisogno idrico”, spiega Napolitano sottolineando che la soluzione a questo problema dipende quindi dalla singola struttura. Il rischio che gli ospedali non abbiano le strutture adeguate per affrontare questa emergenza “esiste”.

“La sicurezza secondo me non è garantita” neanche per altri tipi di occasioni: “Siamo una città a vocazione turistica – afferma il professore della Sapienza – in qualunque albergo o in  qualunque manifestazione dotata di sistema antincendio, la sicurezza secondo me non è garantita. Si sta andando verso una strada che, da tecnico, veramente non capisco”. “Pensiamo che succede in una città senza acqua se scoppia un incendio”, argomenta ancora Napolitano. “Il livello di attenzione dovrebbe essere alto, consideriamo che abbiamo anche uno stato estero al nostro interno. Al tavolo della discussione ci vogliono diversi attori dal punto di vista istituzionale: il ministero degli Interni e il prefetto, il ministero degli Affari esteri, le ambasciate”.

La situazione del lago di Bracciano e il fabbisogno di Roma

Secondo quanto spiega Napolitano, il lago di Bracciano ha già raggiunto livelli simili a quelli di oggi in passato: “Adesso il livello è paragonabile a quello del 2003 e del 2008, solo che allora si trattava della fine di settembre, dopo la stagione estiva. Siamo ancora a luglio ed è evidente che se non piove si perdono decine di centimetri in due mesi”. Il problema non dovrebbe “essere impellente” per il mese di agosto, quando il fabbisogno della Capitale è minore, considerando che solitamente la città in quel mese tende a svuotarsi per le partenze estive. Il vero problema, secondo l’esperto di costruzioni idrauliche, è a settembre: “È il mese con più alti consumi idrici, la gente torna in città, fa caldo, riaprono le scuole”.

“Le altre fonti sono già in sofferenza”, risponde poi Napolitano all’ipotesi di aumentare l’approvvigionamento dalle altri forni che riforniscono Roma. “Più di quello non si riesce a prendere, si può aumentare qualche approvvigionamento da qualche campo-pozzo, però parliamo di poco”.  Quindi, “se il vincolo è su Bracciano e non si può prendere da là non ci sono altre soluzioni, bisogna chiudere da qualche parte perché il suo 8% è tale non poter garantire la pressione in gran parte della città”.

La dispersione idrica

Il tasso del 45% di dispersione idrica è veramente alto. In Italia ci sono anche città che arrivano a dati oltre il 60%, ma siamo di fronte a un numero alto”, spiega Napolitano sottolineando che la disperazione idrica nelle tubature di Roma non è molto più alta della media nazionale che si attesta intorno al 40%. “Tutti i gestori del settore idrico sono in grossa difficoltà nel manutenere impianti vecchi di 30, 40 o 50 anni”. A Roma “si era consapevoli che si poteva andare incontro all’emergenza, già da giugno si è messo in campo un piano speciale di ricerca delle perdite e sono stati controllati molti manufatti sulla rete di distribuzione principale”. Un’operazione che “ha avuto un discreto risultato, però non si può pensare che in un paio di mesi si riesca a risolvere un problema endemico in tutto il Paese”.

Per vedere risultati sul piano della dispersione idrica ci vogliono “mesi se non anni”: “Un piano di perdite serio comporta un monitoraggio continuo, la sostituzione delle tubazioni, e ammesso che ci siano le risorse economiche e le capacità operative, si parla comunque di mesi, se non anni”. Sicuramente “si può migliorare”, secondo il docente della Sapienza, “ma ora l’unica soluzione è turnare”.

Le precipitazioni

Le piogge sul lago di Bracciano potrebbero risolvere qualcosa”, afferma Napolitano spiegando se possono essere sufficienti o meno alcune precipitazioni per uscire dall’emergenza. “Però, per aspettare che le altre fonti possano tornare al regime di portata dobbiamo aspettare le piogge dell’autunno”. Difficile, secondo il docente, che la proclamazione dello stato di calamità naturale possa aiutare, tranne nel caso in cui “ci sia una ordinanza di emergenza che impone, per esempio, il ritorno all’approvvigionamento da Bracciano”.

I nasoni

Tra le proposte per affrontare l’emergenza idrica a Roma, è stata messa in campo anche la chiusura dei nasoni, le fontanelle tipiche della Capitale che sgorgano acqua in continuazione. “Tutto ciò che è risparmio idrico serve – spiega il professor Napolitano – però anche chiudendo tutti i nasoni di Roma il risparmio sarebbe di qualche decina di litro al secondo. Insomma, poca roba”. Secondo il docente si è trattato quindi più di una “mossa di immagine, per far vedere che si riducono gli sprechi. Va bene, però non è certo una misura determinante”.

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