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Dal metodo Boffo al metodo Raggi, quegli scoop che non esistevano

Getto la maschera anche io: ho iniziato la mia carriera professionale nel mondo del giornalismo con uno stage a Mediaset. Per caso questo dettaglio fa di me una berlusconiana? A leggere gli scoop creati ad arte su Virginia Raggi, sembra tornato in voga il “metodo Mesiano”. Come ogni campagna elettorale che si rispetti, a farla da padrone sono i dossier costruiti ad arte per screditare il candidato avversario. Che i dettagli scovati e pubblicati siano veri o falsi, poco importa. Quando si tratta di screditare l’avversario, ogni mezzo diventa lecito.
A cura di Charlotte Matteini
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virginia raggi

Tre scoop, uno dietro l'altro. Tre non notizie, una dietro l'altra. Su Virginia Raggi nelle ultime settimane si è scritto di tutto e di più. Come ogni campagna elettorale che si rispetti, a farla da padrone sono i dossier costruiti ad arte per screditare il candidato avversario. Che i dettagli scovati e pubblicati siano veri o falsi, poco importa. Quel che invece è fondamentale è che la notizia sia costruita in maniera tale da poter diventare virale nel giro di poco tempo e far presa sull'elettorato potenziale. Come la legge di internet ci insegna, la smentita o il debunking di una "bufala" difficilmente avrà lo stesso tipo di diffusione capillare e una volta lanciata nell'etere difficilmente raggiungerà lo stesso numero di persone della prima versione.

E così, il killeraggio mediatico è servito. Il metodo è sempre lo stesso, non è mai cambiato. Questa volta è toccato alla candidata sindaco del Movimento 5 Stelle, Virginia Raggi, forse considerata un potenziale pericolo da debellare il prima possibile. Quel che è certo, è che scavando a fondo, gli scoop a lei dedicati si fondano su basi che definire inconsistenti sarebbe un eufemismo. Ha nascosto di aver fatto il praticantato legale nello studio Previti, la prima grande bomba. Embè, mi verrebbe da dire. Cosa significherà mai questo? Lavorare per una data persona mi rende per caso uguale o simile a essa? Getto la maschera anche io: ho iniziato la mia carriera professionale nel mondo del giornalismo con uno stage a Mediaset. Per caso questo dettaglio fa di me una berlusconiana?

Il secondo scoop, poi, quello pubblicato da L'Unità di Erasmo D'Angelis, ha del tragicomico: un video, quello di "Meno male che Silvio c'è", un fotogramma, di una bella ragazza mora e un titolo ammiccante: "Secondo voi quella ragazza bruna che si sistema i capelli è un’allora 29enne Virginia Raggi?". No, la risposta è no. La ragazza del video non era Virginia Raggi, solo un cieco avrebbe potuto non notarlo. Ma L'Unità preferisce fare orecchie da mercante e non solo non smentisce la notizia lanciata in maniera allusiva, ma il suo direttore, in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera difende il proprio operato sostenendo di essere nel giusto, che trattasi di giornalismo 2.0 e che "la comunicazione social punta molto sulla quantità e sulla velocità". I miei manuali di giornalismo e deontologia professionale sono andati in autocombustione leggendo questa giustificazione, ma tant'è che nonostante la figuraccia, la campagna di dossieraggio non s'è fermata né si sono arrestate le truppe cammellate che sui social cercano in ogni modo di screditare la Raggi e chi cerca di difenderla da un linciaggio immeritato.

Il terzo scoop, poi, è opera di Franco Bechis, vicedirettore di Libero Quotidiano il quale, scartabellando e scavando nel passato della candidata del Movimento 5 Stelle, trova la notizia bomba:"La Raggi infatti per poco più di un anno (fra l’aprile 2008 e il settembre 2009) è stata presidente del consiglio di amministrazione di una società, sia pure a responsabilità limitata. Si trattava della Hgr di Roma", scrive Bechis. E cosa sarebbe questa Hgr? "Quando la Raggi era presidente l’azionista di maggioranza (80%) nonché amministratore delegato della Hdr era una signora ben nota alle cronache dell’amministrazione del comune di Roma di quegli anni: Gloria Rojo. Bella donna, la Rojo è stata per lunghi anni l’assistente di fiducia di Franco Panzironi, braccio destro di Gianni Alemanno e fund raiser della sua fondazione politica, finito poi nei guai con Mafia Capitale", sostiene Bechis. Insomma, l'accusa è lampante: la Raggi faceva parte di quel sistema marcio che dice di voler abbattere. Non solo, non sarebbe nemmeno trasparente, visto che ha nascosto questo neo dal proprio curriculum, forse perché conscia del fatto che avrebbe potuto arrestare la sua scalata politica al Campidoglio. Peccato che, come spiega la stessa Raggi e come qualsiasi avvocato del settore potrebbe spiegare che è prassi normale in questo lavoro presiedere società clienti di uno studio legale.

Insomma, come dicevo all'inizio, di tre scoop nemmeno l'ombra di una notizia concreta. L'operazione ricorda tanto il servizio no-sense sui calzini azzurri del Giudice Mesiano, quello che commissionò Claudio Brachino alla redazione di Videonews dopo la condanna subita da Fininvest contro la Cir di De Benedetti, sostenendo che quel giudice, con quel pessimo gusto nel vestire, una persona tanto gentile e tanto onesta non potesse poi essere. O il famigerato "metodo Boffo", utilizzato nel 2009 per far fuori lo sgradito direttore dell'Avvenire, Dino Boffo.  Si chiama tecnica "killeraggio" mediatico, molto in voga tra gli oppositori politici quando non si hanno argomenti concreti per contrastare quello che, stando ai sondaggi, è il candidato più forte sulla piazza.

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